Il 22 marzo a Parigi si è tenuta una grande manifestazione che ha dato inizio alla contestazione, da parte di studenti e ferrovieri, contro la riforma delle ferrovie (SNCF) e dell’accesso all’università.
Per adeguarsi alle direttive europee la riforma della SCNF prevede la liberalizzazione delle ferrovie. Vorrebbe inoltre cambiare lo statuto dei ferrovieri – la cui ultima modifica risale al 1971 fa quando ancora il mestiere era ritenuto usurante – che permette ai lavoratori di andare in pensione a cinquantadue anni. La riforma, che si inscrive nel piano di ridimensionamento dei dipendenti pubblici, vorrebbe dare la possibilità del licenziamento volontario, inserire dipendenti a contratto determinato e le remunerazioni in base al merito. Inizialmente prevedeva anche la soppressione di alcune linee secondarie, aspetto che pare al momento lasciato cadere da Macron vista l’opposizione che ha suscitato tra chi, quelle linee, le usa come allevatori e agricoltori.
I sindacati del settore ferroviario hanno adottato una strategia di logoramento di lungo periodo prevedendo uno sciopero ad intermittenza di trentasei giorni, il che significa due giorni di sciopero alla settimana sulle linee ferroviarie e RER – il servizio urbano e suburbano dell’area metropolitana di Parigi.
Le confederazioni sindacali, prima tra tutte la CGT vicina anche agli studenti e promotrice dell’innovativa forma di sciopero, hanno tre punti su cui non sono disposti ad indietreggiare durante le contrattazioni con il governo. Il Primo punto riguarda il risanamento del deficit e dei debiti (52 miliardi) della SNCF da parte dello Stato affinché ciò non costituisca un limite alla competitività. Macron ha proposto un risanamento progressivo dal 2020. Le successive due richieste vertono invece sul tema delle garanzie per gli addetti ai servizi. Da un lato l’avvenire degli cheminots che si rifiutano di essere trasferiti ad un altro operatore ferroviario: il governo vorrebbe considerarli dimissionari, i sindacati mantenerli nel pubblico. Dall’altro il diritto di ritorno alla SNCF per quei dipendenti che, andati in altre compagnie, vorrebbero tornare indietro: aspetto non previsto dalla riforma e su cui si dividono i quattro sindacati. I cosiddetti «riformisti», la CFDT e la UNSA, vorrebbero infatti trovare un accordo col governo, mentre la CGT e SUD non hanno nessuna intenzione di negoziare su questo punto.
Gli studenti medi e soprattutto universitari hanno deciso di unirsi ai ferrovieri per aver maggior forza nelle loro rivendicazioni contro la Loi Orientation et réussite des étudiants (Loi Ore o Plan Vidal) che vorrebbe riformare l’accesso all’università. L’alleanza non è priva di senso: il 59 % dei francesi approva la riforma della SCNF e il 55 % quella dell’università secondo un sondaggio Ifop: non essere divisi consente a studenti e ferrovieri di aver maggior forza.

Studenti protestano sotto la Sorbona (10 aprile 2018)
Ma che cosa prevede la riforma dell’accesso all’università?
Innanzitutto non si tratta solo di questo, ma anche del sistema d’esame per ottenere il baccalauréat (il diploma di liceo). Il bac è strutturato su quattordici prove scritte, un’eredità dell’epoca napoleonica. Il governo vorrebbe ridurle a quattro ed inserire, ispirandosi al modello italiano, una prova orale. L’orale è già un punto di scontro: secondo i contrari la riforma avvantaggerebbe le classi agiate che avrebbero modo di formare i propri figli nell’arte dell’eloquenza.
Per quel che riguarda l’università, invece, il problema è più complesso. Nei primi anni Duemila la Francia ha avuto un baby boom: ad oggi vi è più richiesta da parte dei futuri studenti che possibilità di accoglienza negli istituti universitari, un aspetto che col tempo peggiorerà visto il boom delle nascite. La situazione è già grave, tant’è che facoltà come medicina devono ricorrere al sorteggio per scegliere quali studenti ammettere e quali no. Alcuni professori universitari chiedono maggiori fondi per poter assumere nuovi docenti, stabilizzare i precari, creare nuovi locali. Il governo, dal canto suo, propone un finanziamento di un miliardo di euro e la fine dell’accesso senza restrizioni all’università giustificandolo per l’alto tasso di abbandono degli studi dopo il primo anno.
La Loi O.R.E. prevede quindi di scremare gli studenti attraverso una selezione basata sui risultati ottenuti ed il curriculum di studi.
All’inizio dell’ultimo anno di liceo gli studenti dovranno esprimere su Parcorsup, una piattaforma on-line, dieci preferenze universitarie senza gerarchizzarle. La scuola di provenienza o lo studente, al termine dell’anno, inserirà un dossier redatto dal preside e dagli insegnanti con valutazioni sull’intero percorso scolastico classificando così le scelte degli studenti di modo da spingere i meno bravi verso percorsi tecnici o a non intraprendere l’università. Un algoritmo farà poi l’ultima graduatoria dei dossier e delle preferenze espresse.
E così arriviamo alle proteste degli studenti. I punti cui si oppongono sono essenzialmente tre. Primo di essi il fatto che non viene data possibilità di scelta della facoltà visto che questa viene affidata ad un fattore esterno – l’algoritmo – anche se lo studente può rifiutare il risultato e subire un ulteriore processo di selezione o un anno di recupero delle lacune a cui segue un nuovo esame. Il secondo punto riguarda nuovamente le iniquità sociali: gli studenti sostengono infatti che in questo modo saranno avvantaggiati i figli delle famiglie benestanti che hanno i mezzi per garantire aiuti e formazioni migliori rispetto a chi viene da famiglie più povere. L’ultimo punto è il diritto allo sbaglio. In un’età difficile e di transizione come quella del liceo, si dice, si deve aver il diritto di sbagliare e non si dovrebbe esser puniti per questo. Si domandano gli studenti contrari alla riforma: quanti, durante il liceo, non erano meritevoli o erano nella media e una volta arrivati all’università hanno brillato? Perché non dare una seconda possibilità? Il diritto allo sbaglio riguarda anche quello della facoltà: deve esser data libertà di scelta, anche a costo di sbagliare e perdere un anno, piuttosto che non darla affatto.
Su questa base studenti e alcuni professori sostengono quindi la necessità di maggior fondi all’istruzione per far fronte alle nuove problematiche.
Per quel che riguarda i docenti più di quattrocento tra loro hanno deciso di appoggiare gli studenti nelle loro richieste, sia con un comunicato, sia con votazioni di favore agli occupanti come alla Paris 1 Panthéon-Sorbonne, sia rifiutandosi di valutare le candidature che arriveranno con il nuovo sistema. I professori motivano così la loro scelta:
Una dichiarazione che sembra essere anche una risposta all’affermazione di Macron «faremo in modo che si smetta di far credere che l’università sia la soluzione per tutti» dell’agosto del 2017.
Dalla fine di marzo sono iniziate le occupazioni dei locali universitari a Parigi e in altre città, come Tolosa, Renne, Bordeaux, Nantes, Nancy, Metz, Lione, Lille, Rouen, Strasburgo, Marsiglia.
Centro del movimento è Tolbiac, un locale della Paris 1 Panthéon occupato dal 26 marzo fino al 20 aprile, in cui è stata proclamata la «comune».
Dopo una “pausa” nella seconda metà di aprile dovuta alle vacanze il movimento degli studenti sta cercando di riprendere da dove ha lasciato. A Parigi alcuni centri rimangono bloccati e si parla di nuove occupazioni. Momento importante è stato il 1 maggio quando si è tenuta una grande manifestazione che non è però riuscita ad arrivare a Place de l’Italie, il luogo conclusivo, per la presenza di circa 1200 black block che hanno incendiato delle macchine e preso d’assalto un McDonald’s e una concessionaria Renault.

Black block a Parigi (1 maggio 2018)
Il 3 maggio, giornata ancora di manifestazioni, l’Ecole Normale Supérieure (ENS) di Parigi è stata occupata da alcuni studenti di sinistra. Scalpore ha suscitato la notizia dell’imbrattamento del monumento ai morti all’interno della Scuola. Il 5 maggio si è tenuta la manifestazione Fête à Macron con circa 38.900 persone organizzata dal deputato Insoumis François Ruffin per criticare il governo nel giorno del primo anniversario di Macron all’Eliseo. Anche altre città, come Tolosa, hanno visto nuove occupazioni così come alcuni licei hanno iniziato a mobilitarsi, tra cui il prestigioso Lycée Henri-IV di Parigi che il 3 maggio ha tentato un’occupazione.
Le contestazioni, quindi, proseguono e andranno avanti probabilmente fino alla fine di giugno quando verrà deciso che cosa fare della riforma delle ferrovie. Un maggio lungo e forse caldo si prospetta quindi per la Francia.
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La Fête à Macron

Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.