Foto di: Ilario Canonico.

 

La prima volta che vidi Siviglia era un Agosto insolitamente caldo per me, non di certo per il capoluogo della comunità autonoma dell’Andalusia dove in quel periodo si possono incontrare temperature che oscillano tra i 40 e i 50 gradi. Era il 2013 e mi trovavo sul posto con quella che allora era la mia ragazza, lei iniziava la sua esperienza Erasmus ed io ero per la prima volta in Spagna. A quei tempi rimasi praticamente stregato dalla città, fu subito colpo di fulmine.

Qualche anno dopo, con una ragazza in meno e con una laurea in sociologia in tasca decisi di iniziare il percorso di laurea magistrale in comunicazione pubblica e d’impresa presso l’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa con un’idea in testa ben precisa e irremovibile: fare un’esperienza Erasmus.

Foto di: Ilario Canonico.

Quando all’uscita del bando di concorso andai a consultare l‘elenco delle possibili destinazioni Erasmus per il mio corso di studi mi balzò subito all’occhio un indirizzo molto interessante in pubblicità e relazioni pubbliche che guarda caso era tenuto dall’Università di Siviglia presso un centro appositamente creato di recente con la camera di commercio della città. L’amore per Siviglia era ancora molto vivo in me e soprattutto la voglia di ritornarci, dunque presi il tutto come un segno inesorabile del destino: avrei fatto domanda per quella università ponendola come prima scelta.

Qualche mese più tardi, aiutato da un’ottima media e da una conoscenza discreta dello spagnolo mi classificai tra le prime postazioni della graduatoria finale per l’assegnazione delle borse Erasmus. A quel punto era fatta, da li a pochi mesi sarei ripartito all’avventura. Non era la prima volta che studiavo in un paese straniero, ma le altre volte c’ero stato per lo studio della lingua e non per un esperienza di tipo universitario e, per giunta, mai per un periodo cosi prolungato. La cosa mi eccitava parecchio!

Vola l’estate ed eccomi sul mio aereo di sola andata Roma-Siviglia, era il 23 agosto 2016.

Siviglia è il capoluogo dell’Andalusia, a mio avviso una delle regioni più belle d’Europa. Essendo il capoluogo di regione è certamente più grande e affollata delle altre città limitrofe, eppure resta sempre una città a misura d’uomo, percorribile in bicicletta da cima a fondo per via delle sue perfette piste ciclabili ed un servizio di bike sharing impeccabile e molto economico che invidia tutta l’Europa. Altro elemento che la rende una città perfetta per un’esperienza Erasmus è il bassissimo costo della vita a partire dai beni primari, è possibile mangiare tapas per pochi euro, gli alloggi condivisi con altri studenti sono molto economici e il costo della vita generale resta molto basso, specie se confrontato con l’Italia.

Gli andalusi, generalizzando, sono persone molto aperte e dallo spirito dinamico, il folclore attraversa ogni parte della città, cosi è possibile sentire gli accordi di flamenco echeggiare attraverso i vicoli dell’antico “barrio” di Santa Cruz, ascoltare il dialetto sivigliano che puntualmente fa a meno delle “s” finali, partecipare all’incredibile Feria de Sevilla e così via.

Foto di: Ilario Canonico.

Definirei poi Siviglia un piccolo gioiello dal punto di vista storico. La torre della Giralda, la cattedrale, la plaza de toros de la Real Maestranza, la torre dell’oro, il ponte di Triana, il museo archeologico e il parco di Maria Luisa che ospita al suo interno l’incantevole Plaza de España. Questi sono solo alcuni dei monumenti storici più visitati della città che vanta anche strutture contemporanee di una certo livello architettonico e artistico come il Metropol Parasol (o semplicemente “las setas” per i sivigliani). Per non parlare delle altre innumerevoli piazze, parchi, quartieri caratteristici che si possono incontrare assai di frequente e che rendono questa città un vero è proprio gioiello. Un mix continuo di colori, natura, azulejos e storia.

Inoltre, grazie all’ottima pozione geografica, da Siviglia è possibile raggiungere in poche ore di viaggio città molto interessanti come Malaga, Granada, Cordoba, Cadice e cosi via. Questo consente di ampliare facilmente il proprio portfolio di esperienze viaggiando costantemente.

Per quanto riguarda l’esperienza universitaria in sé, l’ho trovata personalmente molto stimolante e di grande spessore per il mio curriculum. In primo luogo c’è il chiaro vantaggio di apprendere una nuova lingua, inoltre, nel sistema universitario spagnolo grande importanza viene dato all’aspetto pratico delle materie studiate. Quasi tutti gli esami avevano un piccolo modulo teorico e per la maggior parte erano composte da laboratori e attività pratiche di diverso tipo. Questo aspetto mi ha aiutato molto a comprendere gli sviluppi concreti dei miei studi, cosa che purtroppo in Italia manca molto, essendoci nel nostro paese un approccio eccessivamente teorico-centrico che non sembra volersi adeguare ai nuovi standard dettati negli ultimi decenni a livello globale.

Foto di: Ilario Canonico.

Questa esperienza ti permette di entrare in contatto con una cultura diversa, che è quella del luogo ospitante. Si iniziano ad apprendere usanze, rituali, usi e costumi a volte leggermente diversi e altre volte radicalmente differenti da quelli della propria cultura di appartenenza. Ma si entra in un contesto innanzitutto internazionale, dato che il contatto avviene con persone che sono sul posto per condividere la tua stessa esperienza e che provengono da ogni angolo del mondo. Si impara così a conoscere anche più culture alla volta. Questo elemento è quello che principalmente prevale sugli altri ed è quello che rispecchia lo spirito originario voluto dall’Unione Europea fin dalla fondazione del programma, avvenuto ormai nel 1987.

Altro elemento centrale di questa esperienza è che essa consente a chi la vive di mettersi alla prova, capire in primo luogo cosa voglia dire effettivamente vivere da soli, provvedere a tutto il necessario per la sopravvivenza, dal pagare le bollette delle utenze fino a fare la spesa. Ma ancora, una volta iniziata questa esperienza è inevitabile che, specialmente nel periodo iniziale, ci siano dei problemi da risolvere, come ad esempio l’interazione non sempre facile ma necessaria con la burocrazia locale, la cui difficoltà del dialogo può variare chiaramente da destinazione a destinazione. Queste difficoltà permettono una crescita personale e lo sviluppo di capacità individuali indirizzate alla risoluzione di problemi più o meno complessi come in pochi altri casi è possibile per dei giovani studenti universitari.

I vantaggi dell’Erasmus non finiscono qui,  si fanno nuove amicizie, molte delle quali si porteranno dietro per l’intera vita, si visitano tanti posti differenti in poco tempo. Così si passa dal giorno in cui i tuoi amici parlano una sola lingua e vivono tutti nello stesso paese al giorno in cui hai tanti amici, ognuno del quale parla una lingua diversa e ha una cultura differente. Questo consente la formazione di una vera e propria famiglia europea.

Una famiglia internazionale dove le differenze diventano qualcosa di eccezionale di cui nutrirsi e fare tesoro. Ci sono differenze eppure non ci sono differenze. Siamo tutti parte della stessa famiglia umana del mondo, nella stessa situazione di esploratori curiosi, vagabondi felici e studenti internazionali.

Una volta un mio professore di Sociologia all’università Federico II di Napoli mi disse che tra le poche cose buone  nell’ambito delle politiche sull’istruzione che l’Unione Europea aveva ideato c’era l’Erasmus. Ad oggi penso proprio che quel mio professore avesse proprio ragione. Se per questa istituzione sovrannazionale non è sempre facile coniugare la teoria alla pratica e facilitare la dialettica e l’integrazione fra i paesi membri, ci sono anche casi in cui la riuscita è evidente. L’Erasmus è uno di quei casi. Mi piace immaginare i burocrati europei nel 1986 alle loro scrivanie a pensare che il modo più efficace per creare quella famiglia europea fosse quello di prendere tutti i giovani dei paesi membri e farli studiare insieme. Fare abbattere loro le porte della paura e della  diffidenza, aprirsi all’altro e lasciarsi alle spalle quella chiusura che oggi tanto torna a far paura e aleggia sul mondo.

Se per per concludere dovessi dare un consiglio ai giovani studenti universitari di oggi sarebbe sicuramente questo: partite, apritevi alle nuove esperienze internazionali, mai chiudetevi. Viaggiate e scoprite. Come si dice tra noi erasmus, “una volta erasmus…erasmus per sempre!”

Buon viaggio! 

 

A cura di: Ilario Canonico

© Riproduzione riservata