Nella primavera del 2019 i cittadini europei saranno chiamati alle urne per rinnovare i seggi del Parlamento UE: i mesi che ci separano da queste elezioni potrebbero risultare decisivi per le sorti del Vecchio Continente.

Il campo variegato e composito dei diversi sovranismi in campo si avvicina all’appuntamento serrando le file. Ne è un esempio l’incontro tenutosi martedì scorso a Milano, tra il vicepremier italiano e ministro dell’interno Matteo Salvini e il primo ministro ungherese Viktor Orban, leader del gruppo dei paesi Visegrad. L’insieme di queste forze politiche, unite perlopiù da mire nazionalistiche che vanno a discapito dell’interesse comunitario, potrebbe causare uno spostamento degli equilibri politici finora presenti a Bruxelles.

Per chi scrive, due sono i possibili scenari.

Scenario A. L’affermazione delle forze politiche sovraniste determinerà un impasse politico e blocca la formazione di una maggioranza europarlamentare certa, spingendo così le due grandi famiglie partitiche dell’emiciclo (PSE e PPE) a un accordo che verterà sui temi e i dossier più scottanti e delicati. Un accordo di questo tipo si reggerebbe su numeri ristretti, data l’endemica crisi che caratterizza il socialismo europeo da diversi anni, senza che il trend mostri un cambio di direzione (vedasi la rovinosa caduta elettorale del PD nelle elezioni italiane del marzo scorso). Dinanzi a un’alleanza PSE – PPE, l’opposizione sovranista avrebbe gioco facile nello scatenare strali propagandisti e criticare l’inefficienza della macchina organizzativa comunitaria. Una inefficienza che deriverebbe inevitabilmente dalla mediazione continua e necessaria tra i contraenti dell’accordo.

Scenario B. L’affermazione delle forze politiche sovraniste non determinerà un impasse politico: esse si rivelano necessarie per la formazione di qualsiasi maggioranza europarlamentare. Per alcuni potrà sembrare uno scenario da incubo e impensabile fino a pochi anni fa. Probabilmente non è quello che ha pensato Orban: il suo partito, l’ungherese Fidesz, attualmente è parte integrante del gruppo parlamentare del PPE. Un’alleanza tra sovranisti e popolari sposterebbe il baricentro delle istituzioni UE fortemente a destra. Ma non solo. Lo scenario B darebbe il via a un processo di sgretolamento dall’interno della costruzione europea che abbiamo conosciuto fino ad ora. Gran parte dei cosiddetti partiti sovranisti – ognuno con le proprie peculiarità, chiaramente – ha come obiettivo il ritorno agli Stati – Nazione, richiamandosi a un’”Europa dei Popoli”. La retorica di queste forze politiche sta riscuotendo un notevole successo presso l’elettorato europeo, insoddisfatto delle politiche comunitarie e intimorito dagli effetti imprevedibili del processo di globalizzazione.

Ed è qui che si gioca il futuro dell’Europa. Dinanzi alla “paura”, arma propagandistica senza dubbio efficace, bisogna rispondere con una parola: “comunità”. La paura costruisce confini e frontiere. La comunità è aperta e permette a tutti di circolare liberamente. La paura crea divisioni e scontri tra paesi. La comunità unisce e media lo scontro. Paura è disorientamento e smarrimento. Comunità è condividere qualcosa, al di là delle differenze. Non si tratta di una questione prettamente linguistica. Paura e comunità hanno rappresentato ( e rappresentano) due programmi politici differenti. Attualmente, sono abbastanza chiari gli obiettivi che si prefigge il primo programma politico. Lo sono meno quelli del secondo, caduti in disuso negli ultimi anni.

Ci siamo forse dimenticati che la comunità ci permette di circolare liberamente (trattato di Schengen) ,vivere in pace dopo due terribili conflitti mondiali tra Stati – Nazione e sentirci parte di un’unica grande famiglia?

Torniamo alla comunità europea, prima che sia troppo tardi.

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