Nonostante le intenzioni concilianti la presidenza Obama è risultata divisiva perché ha svelato delle contrapposizioni latenti nella società americana, cui è seguita l’elezione di quello che è considerato uno dei presidenti più divisivi della storia americana, Donald Trump.
Obama non è stato la causa di questa maggiore e più evidente polarizzazione, piuttosto l’ha involontariamente accentuata e ciò fa parte del suo lascito.
La polarizzazione è visibile nella progressiva divaricazione delle prospettive ideologiche dei due elettorati: tra i democratici, infatti, cresce la componente a sinistra, tra i repubblicani quella più conservatrice, una tendenza che riguarda anche gli elettori indipendenti anch’essi sempre più disposti a votare le ali più radicali del partito. In tal senso, comunque, è interessante notare il ritorno dell’etichetta “socialista”, già usata contro Obama come un’accusa – ad esempio durante le discussioni intorno al Troubled Asset Relief Program, un programma per liberare le istituzioni finanziarie esposte ai titoli tossici. Ad oggi l’etichetta viene ancora usata per squalificare l’avversario, per additarlo come una minaccia o un pericolo per il paese (nei confronti di Beto O’Rourke, ad esempio), ma perlomeno con la candidatura di Bernie Sanders nel 2016 è divenuto anche una rivendicazione orgogliosa di appartenenza politica, come nel caso di Alexandria Ocasio-Cortez. Sotto un certo punto di vista lo stimulus, il Dodd-Franck Act, come altre leggi promosse dall’ex presidente, hanno aperto un dibattito in seno al Partito democratico su quale fosse l’indirizzo politico da intraprendere, schiudendo così la strada a chi propugnava misure più incisive e “più a sinistra” di quelle promosse dai new democrats. È all’interno di questo contesto, e a quello della crisi iniziata nel 2007-2008, che parte dell’elettorato, soprattutto quello giovane, si è spostato a sinistra accentuando una tendenza già parzialmente in atto.
La polarizzazione, si diceva, non è stata causata da Obama, ma è frutto di un processo di lungo periodo in cui hanno giocato un ruolo fondamentale la crescente disuguaglianza dei redditi e i consistenti flussi migratori che cambiano, e cambieranno, la composizione etnica americana in cui la componente bianca sta diminuendo. Negli anni di Obama gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi e milioni di posti di lavoro sono stati creati: il problema è che molti statunitensi rimangono comunque in difficoltà e che questi posti di lavoro hanno impiegato soprattutto le minoranze – perché sono professioni concentrate nei servizi e nelle aree metropolitane, dove maggiore è la presenza delle minoranze. Inoltre, con l’immagine di a black man in the White House, Obama è divenuto la concretizzazione dei peggiori presagi di quell’elettorato white supremacist che in massa ha votato per Trump. Non è un caso, quindi, che il voto di razza si sia accentuato ed abbia assunto, perché questo tipo di voto c’è sempre stato, rispetto al passato i toni della difesa e della paura. E non è un caso che queste midterm siano state caratterizzate dall’elezione del più alto numero di donne di sempre, 102, e quindi dal dibattito intorno alla questione femminile, in contrapposizione ad un presidente misogino e razzista, declinato con le caratteristiche dell’intersezionalità.
Le donne e le minoranze, il tema centrale di queste elezioni, sono stati due dei temi su cui Obama incentrò il proprio operato politico, aiutato anche dalla moglie Michelle. Certamente in questo caso il merito non è solo dell’ex presidente: si tratta di un movimento di lungo periodo e dell’azione politica decisiva dei gruppi interessati. L’ex presidente, comunque, ha contribuito a porre il tema della parità di genere e dell’integrazione al centro del dibattito pubblico, penso ad esempio al Lilly Ledbetter Fair Pay Act.
L’eredità è quindi ben visibile nella contesa tra due visioni di ciò che l’America vuol essere, vale a dire un’America bianca, patriarcale, anziana e chiusa, ed una che è tutto il suo contrario, la prima incarnata da Trump e sorta in reazione ad Obama.
La presidenza Obama è stata una presidenza dei limiti: se la retorica di Bush era improntata sulla possibilità di perseguire e sconfiggere il male in ogni luogo si annidasse, con Obama si è infatti passati al suo contenimento funzionale a garantire all’America, in un contesto che si auspicava multipolare, lo status di potenza.[1] L’attuale indirizzo presidenziale si colloca anch’esso in un contesto definito dal concetto di limite: make America great again contiene, difatti, un implicito riferimento ad un’insofferenza per i limiti, che siano imposti dagli accordi e dagli organismi internazionali, o quelli economici capaci di minare il perseguimento del proprio american dream. Un cambiamento notevole quello apportato da Trump, che invece di agire nonostante i limiti preferisce prevaricarli, agendo come se essi non vi fossero, insofferente verso qualunque cosa possa rappresentare un freno alla propria azione. Le midterm di quest’anno sono state quindi anche un confronto sui limiti del paese, ed anche i discorsi dell’ala sinistra del Partito democratico ne erano in parte caratterizzati. Le proposte dei “socialisti” contengono difatti un implicito richiamo ad un ritorno alla grandezza del paese, spesso incarnato in una riedizione di quel welfare capitalism che caratterizzò il Partito democratico dalla presidenza Roosevelt fino al termine degli anni Settanta. Proposte che spesso guardavano alla situazione interna del paese al fine di promuovere delle riforme per superare l’attuale condizione caratterizzata, appunto, dai limiti al benessere. Segnali, questi, di un’America sempre più concentrata e ripiegata su sé stessa, dimentica che la sua grandezza è frutto della proiezione esterna.
Tra i temi, invece, che Obama ha anticipato è bene sottolineare la centralità che ha acquisito la riforma sanitaria su cui si sono giocate molte delle battaglie nei suburbs, risultati decisivi per l’affermazione democratica propria grazie alla difesa e al rafforzamento della riforma sanitaria su cui Obama perse le midterm del 2010. Ad oggi il tema della sanità appare essere ancora non solo un tema centrale, ma determinante degli esiti elettorali. Come importante, del resto, è stata la questione del costo degli studi e dei debiti che vengono contratti per poter proseguire l’Università. Obama provò ad introdurre dei meccanismi di aiuto, cui Trump cerca oggi di mettere dei paletti. Il tema si è nuovamente imposto nel dibattito che ha accompagnato le midterm ed in cui ha spiccato Alexandria Ocasio-Cortez, la quale ha fatto del problema dei costi e dei debiti universitari un suo cavallo di battaglia sfruttando anche la propria storia personale – la neoeletta sta pagando i debiti contratti per i suoi studi universitari.
Probabilmente Obama è stato più polarizzante e caratterizzante di quanto generalmente riteniamo e, quindi, determinante nell’anticipare ed imporre le agende del dibattito politico. Forse è anche per questo che il Partito democratico non riesce a trovare un sostituto che sia all’altezza dell’ex presidente, una figura capace di mediare tra le litigiose anime del Partito, un candidato o una candidata in grado di riprendere, rilanciare e superare il lascito di Obama. Anche in tal senso l’eredità obamiana, un’eredità con cui non si riesce evidentemente a fare i conti, si impone nella rosa dei nomi che si susseguono nei media come possibili candidati per il 2020: l’ex vice presidente Joe Biden, ad esempio, o Michelle Obama che potrebbe incarnare una continuità pur senza essere una fotocopia data la sua personalità ed il suo carisma. Come del resto l’eredità si è imposta nella presenza, inusuale nelle proporzioni rispetto al passato, di un ex presidente nei vari comizi in sostegno ai candidati democratici alle midterm. Sintomo, anche questo, di un partito che fatica a trovare un sostituto ad Obama la cui potente immagine continua a fungere da catalizzatore di voti, nonostante l’altissima popolarità dell’ormai anziano Bernie Sanders.
L’eredità obamiana risulta al momento divisiva e lo è anche per lo stile presidenziale di Donald Trump, improntato alla contrapposizione con l’avversario, privo ai suoi occhi di legittimità politica, sovente identificato con Obama e di cui l’attuale presidente vorrebbe rappresentare il suo contrario. In questo senso il dibattito politico odierno si svolge principalmente su alcuni punti che Obama mise al centro della sua presidenza. Le midterm di novembre sono state, quindi, anche un dibattito sull’eredità Obama.
Una cosa, comunque, sembra essere appurata: entrambi i partiti stanno mutando ed i risultati delle midterm, uniti con le proiezioni demografiche che favoriscono quelle minoranze che votano democratico, sembrano indicare che la direzione intrapresa dai democrats è quella giusta, non foss’altro che per la partecipazione della loro base. Se i democratici riusciranno a far leva su queste condizioni, rendendo l’eredità Obama un fattore unificante in seno alle varie anime del partito, potrebbero rafforzare la blue wave fino ad una possibile affermazione nelle presidenziali. Tanto più ora che il Grand Old Party sembra iniziare a mettere in discussione la trumpizzazione del partito.
[1] Mario Del Pero, Era Obama, Milano, Feltrinelli, 2017,Ivi, pp. 65-71; 78-79.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.
Ottimo articolo e riflessione che mi riporta a storie, teorie che credevo superate ma , stante l’evoluzione attuale dovrò riconsiderare e approfondire, Lo consiglio anche a voi (mi riferisco ai rigurgiti “nazionalsocialisti” che intravedo e percepisco nel salvinismo e strategie politiche-sociali simili; soprattutto il razzismo che sta pervadendo troppo le nostre società e le sue forme di relazione).
Riflettendo sul tuo articolo mi viene questo suggerimento:
…c’è da rivedere e studiare meglio e più approfonditamente le teorie e analisi “schmittiane” da Carl Schmitt dalle quali poi prese linfa, vigore e legittimità giuridica e filosofica il: “nazionalsocialismo”! Studiarlo può significare, anche soltanto, la necessità di poter individuare le possibili tendenze o gli orizzonti prevedibili del postmodernismo. Vedere un libro di Carl Schmitt: Dialogo sul potere https://www.adelphi.it/libro/9788845926945
Che cos’è il potere? Come si manifesta oggi nelle nostre società industriali e tecnologicamente avanzate? Quale ruolo vi svolge l’uomo che vi si trova coinvolto in ogni aspetto della vita, pubblica e quotidiana?
Leggendo il tuo articolo ho riflettuto sulla polarizzazione che sta invadendo l’intero pianeta, non solo gli USA, Avverto e percepisco una certo odore di “nazionalsocialismo2 presente nelle strategie “salviniane e dei loro compari” Per questo suggerisco a voi (che avete mente fresca e non “vecchia” come la mia) questa lettura del libro di Carl Schmitt : Dialogo con il potere (se non l’avete già potuto leggere visti i vostri studi universitari). Credo sia uno strumento utile per meglio comprendere gli sviluppi possibili in questa fase storica piena di contraddizioni, giravolte e passaggi da una sponda all’altra. Buon lavoro, vi seguo sempre con estrema curiosità, passione e consapevoleza del lavoro che state svolgendo. Adelante Ciao Antonio
…c’è da rivedere e studiare meglio e più approfonditamente le teorie e analisi “schmittiane” – da Carl Schmitt – dalle quali poi prese linfa, vigore e legittimità giuridica e filosofica il: “nazionalsocialismo”! Studiarlo può significare anche solo la necessità di conoscere certe teorie per poterne individuare le possibili tendenze percepibili o gli orizzonti prevedibili del/nel postmodernismo. Vedere questo libro: https://www.adelphi.it/libro/9788845926945 – del quale c’è questo breve incipit:
Che cos’è il potere? Come si manifesta oggi nelle nostre società industriali e tecnologicamente avanzate? Quale ruolo vi svolge l’uomo che vi si trova coinvolto in ogni aspetto della vita, pubblica e quotidiana?