La crisi tra Francia ed Italia, di cui vi abbiamo parlato in questo articolo, ci segnala uno spostamento verso destra all’interno dei Cinque Stelle.

Il M5s viene dai più considerato un movimento con due anime, una di destra ed una di sinistra. Anche se ciò può essere vero ho sempre ritenuto il M5s un movimento in cui era la componente di destra a prevalere e gli avvenimenti degli ultimi giorni sembrano confermare le mie convinzioni – anche se già l’alleanza con la Lega e l’atteggiamento nei confronti dei migranti erano, per me, una conferma.

Il M5s è sempre stato una forza politica che si riteneva antisistema: nato con i raduni di piazza del vaffa day, i Cinque Stelle hanno sempre tentato di delegittimare lo Stato italiano e l’Europa fintanto che questi erano, e sono nel secondo caso, guidati da una forza politica a loro non congeniale. Un tentativo ben riuscito, anche da parte di Salvini, di dividere tra un noi ed un loro, dove quel loro indica qualcuno contrario alla volontà popolare, un alieno, un estraneo a ciò che il paese è e di cui i Cinque Stelle si ritengono invece legittima incarnazione. Molti di voi ricorderanno gli (isterici) attacchi di Di Battista al “Re Giorgio” e i suoi discorsi spesso al limite della sovversione. In questa strategia i Cinque Stelle hanno tentato di essere dei portavoce di quei movimenti che, in una maniera o nell’altra, contestavano il sistema come i no vax e i forconi. In tal senso cercare un’alleanza con i gilet gialli è coerente con la storia del movimento, ma ha soprattutto una valenza simbolica agli occhi dell’elettorato italiano là dove questo considera i gilet come un movimento simile ai M5s – per sapere di più sui gilets jaunes trovate un nostro articolo qui. Coerenza che è tutta, chiaramente, formale ed estetica: sono sempre stati una forza politica tendente si alla sovversione, ma pienamente identificata con quelle stesse strutture da prima e seconda Repubblica che pretendono di abbattere.

Questa strategia, comunque, ha portato i Cinque Stelle ad allearsi, in seno al Parlamento Europeo, con l’Ukip, il partito guidato da Nigel Farage, l’artefice della Brexit. In tal senso il Movimento ha scelto non un partito euroscettico con cui allearsi, ma un partito nettamente anti-europeista il che ci dice qualcosa su che cosa pensano dell’Europa.

Spiegato il retroterra possiamo passare allo spostamento a destra dei grillini in quella che è una rincorsa di Di Maio a Salvini. Dall’insediamento del governo, infatti, il leader della Lega è riuscito abilmente a spostare sempre più il baricentro politico ed i termini del dibattito politico verso destra, emergendo come il vero vincitore delle elezioni nonostante il suo partito avesse preso meno voti rispetto ai Cinque Stelle. Di Maio in questi mesi è parso sempre ai margini, costretto a recuperare il divario crescente, sia nei sondaggi sia nei temi, che lo separava dall’alleato di governo e ciò lo ha spinto sempre più verso una destra d’ispirazione salviniana.

Sintomatico di questo zeitgeist è la rete di alleanze che Di Maio sta costruendo in vista delle europee di maggio, quando l’Ukip non potrà tornare in parlamento per la Brexit, necessarie all’esponente grillino per costituire un gruppo al Parlamento Europeo senza il quale non è possibile proporre iniziative legislative e partecipare alle riunioni dei capigruppo – servono almeno 25 deputati eletti in sette paesi differenti per formarne uno. Per ora i probabili alleati sono il polacco Pawel Kukiz, il croato Ivan Vilibor Sinčić, la finlandese Karoliina Kähönen.

Kukiz è un fervente ultranazionalista, conservatore, contrario ai diritti degli omosessuali, antiabortista, favorevole a maggiori poteri del presidente della Repubblica e antisemita. Sinčić, invece, è leader del partito Živi zid (barriera umana) nato nel 2011 da un gruppo di attivisti che si opponevano agli sfratti di alcuni edifici. Il suo partito viene definito di sinistra populista poiché auspica la moralizzazione della vita del paese (chiaramente secondo la loro morale), l’esclusione dei politici corrotti, la nazionalizzazione della moneta e del sistema bancario. Infine la Kähönen, studentessa, tra i fondatori di Liike Nyt, un partito nato ad aprile dai fuoriusciti di uno dei principali partiti di centrodestra della Finlandia. Nel programma del partito i punti principali sono: liberalizzazione, democrazia diretta, un rinnovamento della classe politica attraverso, anche qui, la defenestrazione dei corrotti. Partiti diversi con aspirazioni simili, arrivare al potere per mettere in discussione l’assetto europeista, che comprimono così le differenze a livello di programma. Diversità che non sono poi molte: il nazionalismo è un tratto comune così come il populismo declinato in un rinnovamento della classe dirigente che a sua volta passa attraverso la necessità di moralizzare i propri paesi. Infine la messa in discussione dell’Europa e dell’euro e la restituzione del potere al popolo, chi con la democrazia diretta chi attraverso la salvifica azione del leader nazionale.

Se i temi che legano queste formazioni politiche sono temi che provengono dalla destra sociale già questo spiega lo spostamento verso destra di Di Maio. Uno spostamento che, è bene ricordarlo, rincorre il mutare dell’umore degli elettori sempre più favorevoli a Salvini.

Il dialogo con il leader dei gilet gialli Christophe Chalençon, una candidatura nel 2017 con il partito di destra Génération Citoyens, islamofobo ed antisemita, teorico della violenza e dell’intervento dei militari, non giunge quindi inaspettato ma è l’ennesimo segnale di uno spostamento sempre più a destra del Movimento Cinque Stelle.

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