In medicina e in psicologia si definisce obeso un individuo con un peso corporeo pari o superiore al 30% del peso forma. L’obesità rappresenta un grande rischio per la salute perché contribuisce a una più alta incidenza di diabete, ipertensione arteriosa e malattie cardiache.

In collaborazione con Comunicarea
La prevalenza di questo problema varia a seconda del gruppo all’interno della società, e si manifesta quasi ugualmente nei due generi, anche se la percezione psicologica di essere sovrappeso è più frequente fra le donne.
Nella nostra cultura l’obesità può rappresentare un marchio sociale negativo, dal momento che le persone obese sono spesso considerate persone troppo indulgenti e prive di forza di volontà.
Questo pregiudizio è quanto mai ingiusto dal momento che, nella maggior parte dei casi, l’obesità di una persona è dovuta a fattori genetici piuttosto che a sovralimentazione. La maggior parte dei ricercatori, infatti, concorda sul ritenere l’obesità un problema complesso, che può implicare fattori metabolici, nutrizionali, psicologici e sociali. Un individuo può quindi diventare obeso perché è geneticamente predisposta a metabolizzare gli elementi nutritivi in grassi, anche se non mangia più degli altri (ragioni metaboliche) oppure perché mangia troppo (per ragioni psicologiche o sociali). In alcuni casi di obesità possono essere presenti entrambi i fattori, mentre per altri casi sono responsabili i fattori genetici o semplicemente il mangiare eccessivamente.
L’obesità causata da un’eccessiva alimentazione, secondo alcuni psicologi, è una condizione che affonda le radici nei primi anni di vita di un soggetto, quindi nell’infanzia. Le prime esperienze col cibo possono segnare profondamente il soggetto sotto il punto di vista del suo rapporto con l’alimentazione. Infatti, se il bambino ottiene come risposta ad ogni suo malessere o ad ogni suo pianto del cibo, assocerà la consolazione al cibo stesso.
L’alimentazione diventa, in questo modo, la risposta che il soggetto dà ad ogni stimolo. Per questo motivo, il soggetto obeso deve cominciare ad educarsi nella relazione col cibo, imparare a gestire l’ansia, lo stress, le condizioni che lo portano a mangiare troppo, questo ancora prima di cominciare la dieta. Insomma, il primo passo che il paziente deve fare è innanzitutto di maggior consapevolezza del rapporto col cibo.
Negli ultimi anni, consequenzialmente all’aumento generalizzato dei ritmi di vita e alla presenza di regimi di alimentazione non sempre equilibrati, si è iniziato a porre un accento maggiore anche sui fattori psicologici che potrebbero, causare o quanto meno predisporre, l’obesità.
La fame, infatti, viene regolata da meccanismi fisiologici che comportano il blocco dello stimolo quando lo stomaco è pieno: quindi, cosa spinge una persona a mangiare più del suo reale fabbisogno?
Secondo gli psicologi, si possono individuare tre tipologie di obesi: gli iperfagici prandiali, i grignotteurs, i binge eaters:
- Gli iperfagici prandiali sono soggetti che hanno un autentico piacere per il cibo e quindi tendono a mangiare molto soprattutto durante i pasti; non riescono a controllare la quantità di cibo assunta, e non hanno malessere psicologico o sensi di colpa per l’assunzione enorme di cibo.
- I Grignotteurs sono persone che tendono a mangiare senza regolarità, ad ogni ora del giorno. In genere mangiano apprezzando il cibo, ma tendono a farlo in risposta alla noia, al malessere, all’ansia, o ad altri stimoli.
- I Binge Eating Disorder è un vero e proprio disturbo che comporta l’incapacità di controllarsi quando ci si alimenta. In sostanza queste persone si lasciano andare a delle grandi abbuffate, non sempre frequenti ma episodiche, un po’ come coloro che soffrono di bulimia nervosa. L’ingestione di cibo è enorme, molto superiore a quella che una persona in condizioni normali riuscirebbe a mangiare. La persona sente di perdere il controllo circa l’alimentazione e non riesce quindi a fare a meno di mangiare anche in modo del tutto disordinato e senza alcun tipo di inibizione.
Nell’ambito della salute è fondamentale l’incontro con figure professionali (ad es. medico o pediatra di base, psicologo, educatore, dietista e nutrizionista) per mettere delle buone basi al proprio percorso di cura. Costruire sin dall’inizio un buon dialogo, chiedere tutte le informazioni che servono, fare tutte le domande utili per sciogliere i dubbi è molto importante per mantenere alta la motivazione alla cura. Non si tratta di un percorso facile ed è molto importante avere la sicurezza di essere in un contesto adeguato alle proprie esigenze, partecipando attivamente al proprio percorso di cura.
Fonti: Atkinson & Hilgard’s, Introduzione alla psicologia, Piccin, Padova 2011; Jean, Tropea, L’impero della vergogna, 2006; Sanavio, Cornoldi, Psicologia Clinica, Bologna, il Mulino, 2001.
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Sono nato a Pontedera nel 1993, mi sono laureato in Scienze e Tecniche Psicologiche all’Università degli Studi di Padova approfondendo il tema dei disturbi di apprendimento e della salute mentale. Lavorando come Tutor di studio.
Attualmente sto studiando Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia all’Università di Firenze.
Dal 2010 ho iniziato a fare il blogger e ho avuto l’opportunità di scrivere e collaborare con molti blog e siti internet; Dal 2018 sono un Educatore che si occupa di apprendimenti.