La prima sensazionale immagine di un buco nero pone una riflessione sulla natura delle cose.

Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità.

Democrito.

Sono ormai passati cento anni da quando, con una foto simile, a quella che sta facendo oggi il giro del mondo, Albert Einstein capì che aveva ragione sul punto fondamentale espresso nella sua teoria della relatività gravitazionale: la gravità è la manifestazione della curvatura dello spazio-tempo. La foto che confermò la validità della sua idea era quella di un’eclissi di Sole, in cui si vedevano le stelle sullo sfondo in una posizione diversa dal previsto: la loro luce era stata piegata dal campo gravitazionale del Sole.

Un secolo dopo, anche gli astrofisici che per la prima volta hanno potuto finalmente ammirare l’immagine (creata a partire da emissioni radio) di un buco nero hanno capito e confermato la teoria di Einstein.

In realtà il grande fisico tedesco non aveva profuso un grande interesse nei confronti dei buchi neri che nemmeno si chiamavano così durante la sua vita; il nome è stato dato loro alla fine degli anni 60 da John Wheeler (1911-2008). La preoccupazione principale di Einstein era trovare una teoria che riuscisse a spiegare le leggi che governano l’universo meglio di quella della gravitazione universale newtoniana; i buchi neri erano, nel quadro generale, solo un dettaglio a margine.

Ad appassionarsi alla faccenda fu un altro fisico tedesco, Karl Schwarzschild (1873 – 1916), che dopo la lettura della Teoria della relatività generale (pubblicata nel 1915) elaborò l’ipotesi di un corpo talmente denso da riuscire a mutare la luce emanata (così come aveva fatto il sole con quella delle stelle durante l’eclissi) facendola tendere al rosso. L’ipotesi richiamò l’interesse di molti fisici e così Einstein si trovò coinvolto in una discussione nata da una costola della sua Teoria.

L’intervento di Einstein fu decisivo. Un corpo celeste molto denso potrebbe generare un campo gravitazionale tale da essere più forte della luce che genera un’attrazione a cui potrebbe sfuggire solo qualcosa di più veloce della luce. In base alla teoria della relatività però non esiste nulla di più veloce della luce, quindi un corpo celeste molto denso potrebbe generare un campo gravitazionale tanto forte da non permettere né alla luce né a nient’altro di uscirne, ed ecco che prendono forma e sostanza i buchi neri. Tuttavia all’epoca di Einstein non c’era nessuna prova, nessun segno evidente che i buchi neri fossero non solo possibili ma anche reali.

Non è facile riassumere quanto Einstein avesse compreso sulla Natura, perché non si tratta di un solo risultato, ma di un insieme vasto e articolato di scoperte. Le scoperte di Albert Einstein sono molteplici e queste non esauriscono tutto quello che lo scienziato ha fatto o ipotizzato, tutt’altro, ma ciascuna di esse ha cambiato la nostra visione del mondo in profondità e ciascuna rappresenta una colonna portante della nostra attuale comprensione della Natura. Se però vogliamo scavare nel pensiero del grande scienziato tedesco il primo risultato di Einstein è la dimostrazione finale che la materia ha una struttura granulare: il mondo è fatto di atomi.

L’idea è ovviamente antica, risale a due grandi pensatori greci, Leucippo (V secolo a.C) e Democrito (460 a.C. – 371 a.C.), ed è stata ampiamente utilizzata dalla chimica prima di Einstein. Ma fino ad Einstein l’esistenza reale degli atomi restava un’ipotesi messa in dubbio da molti. In un articolo di straordinaria bellezza tecnica, scritto a venticinque anni, Einstein parte da un fenomeno fisico, il movimento tremolante dei granelli di polvere immersi nell’acqua, e calcola le dimensioni degli atomi a partire dall’entità del tremolio, mostrando in maniera definitiva che questo tremolio è l’effetto degli urti sul granello delle singole molecole d’acqua.

Ventiquattro secoli dopo Democrito, ogni dubbio sulla reale esistenza degli atomi viene a cadere. Il secondo grande risultato di Einstein contemporaneo al primo e chiaramente collegato ad esso, è la scoperta dei fotoni, ovvero la luce è fatta anch’essa di granelli, di atomi di luce. L’importanza di questa scoperta è stata decisiva per riformulare la struttura della fisica contemporanea, si tratta del passaggio chiave verso la meccanica quantistica che è la base della fisica atomica, nucleare, della materia condensata, e di gran parte della tecnologia recente, come i computer.

Da quali considerazioni nacquero le idee atomistiche di Democrito che a distanze di secoli si sono rivelate essenziali per capire in maniera scientifica le leggi che comandano l’universo.

Democrito nacque nel 460 a.C. ad Abdera nel nord della Grecia (vicino alla città di Salonicco). Nel corso della sua vita viaggiò moltissimo, andando dall’Etiopia alla Persia per arrivare poi fino in India. Soggiornò anche ad Atene per un breve periodo dove venne in contatto con i pitagorici e conobbe le filosofie di Talete e Parmenide.

Fu un grande naturalista e un attento osservatore di tutti gli aspetti del vivente, ponendo alla base del suo pensiero una natura che è pura materia. Tutto ciò che èè nella natura”; in essa sono contenute tutte le cause possibili di ogni ente esistente. L’aggregazione degli atomi forma i corpi definiti della realtà percepibile e il loro disgregarsi restituisce alla natura stessa i suoi elementi di base, postulando così una fenomenologia meccanicistica che non ha bisogno di null’altro per verificarsi.

La teoria di Democrito ha incontrato nel corso della storia molte critiche, ostracizzata duramente in quanto esclude dall’origine dell’universo una causa metafisica.  Partendo da Platone che in definitiva non condivideva il fatto che la materia potesse avere una spiegazione in se stessa, escludendo qualsiasi intervento soprannaturale divino. Aristotele non condivideva i principi dell’atomismo, ritenendo che gli organismi si evolvessero seguendo soltanto certe leggi proprie, egli respinse quindi la concezione che tutta la realtà fosse da ricondurre al sensibile sulla base di spiegazioni materialistiche. Con il trionfo del cristianesimo l’atomismo venne definitivamente bandito in quanto teoria atea per eccellenza.

Adesso a distanza di ventiquattro secoli possiamo ristabilire e dare pieno merito al pensiero di Democrito e confermare dopo cento anni la validità delle teorie postulate da Einstein.

Einstein aveva ragione, Democrito pure ma alla fine l’importante non è aver ragione. È camminare lungo la strada per arrivare a capire.

Come si può mettere la Nona di Beethoven in un diagramma cartesiano? Ci sono delle realtà che non sono quantificabili. L’universo non è i miei numeri: è pervaso tutto dal mistero. Chi non ha il senso del mistero è un uomo mezzo morto”.

Albert Einstein.

A cura di Cristopher Palavisini, che per L’Eclettico ha già pubblicato diversi articoli che potete trovare nella nostra sezione “cultura.

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