Ognuno di noi è il suo proprio diavolo, e noi facciamo di questo mondo il nostro inferno

(Oscar Wilde, Aforismi, Feltrinelli, Milano, 2015)

Il poeta portoghese Fernando Pessoa (1888-1935), nel suo piccolissimo libro L’Ora del Diavolo (Il Filo, Roma, 2008) ci mette di fronte ad una versione atipica di Satana. La storia, molto breve, consta in 19 fogli sparsi, non datati, con una numerazione da 1 a 19 tramite la quale è stato possibile dare unità ai pensieri sparsi di Pessoa riunendoli in un unico volume grazie al lavoro svolto nel 1987 da Tereza Rita Lopes (docente dal 1979 ad oggi di Letteratura Comparata presso la Facoltà di Scienze Sociali e Umane della Nuova Università di Lisbona).

La vicenda narra la storia della giovane Maria che di ritorno da un ballo in maschera e, nell’intento di rincasare, un po’ confusa e insonnolita, si ritrova a conversare con uno strano personaggio che non ha un’aria particolarmente offensiva, ma è anzi gentile ed educato. Egli, con pregevole disinvoltura, si presenta a Maria dicendo di essere, per l’appunto, il Diavolo.

I due intraprendono un cammino fittizio che non viene raccontato nei suoi particolari geografici: “Sono le grandi città del mondo: quella è Londra e più in basso Berlino. Sono macchie di luce nella tenebra e noi su questo ponte le sorvoliamo alti; pellegrini del mistero e della conoscenza”. (pag.11).

Il particolare compagno di Maria in questo inconsueto viaggio nel cuore della notte sfrutta l’occasione per fare una sorta di apologia di sé stesso. L’opportunità data dall’escursione notturna con la giovane donna è colta dallo strano protagonista di questo dialogo per scrollarsi di dosso i tanti epiteti che da sempre lo hanno accompagnato nel corso di secoli.

Egli non si presenta come il serpente della Genesi, oppure come il tentatore del Vangelo di Matteo: il particolare Lucifero di Pessoa diverge significativamente rispetto al tradizionale contesto negativo e alla mera negatività che da sempre lo ha caratterizzato nell’immaginario collettivo: “Come si sente? Stanco, principalmente stanco. Stanco di astri e di leggi e con il desiderio di allontanarmi dall’universo per rinascere solo. Ora non esiste vuoto, non senza ragione.” (pag.18).

Il Diavolo continua il suo monologo esistenziale: “Non ho mai avuto infanzia, né adolescenza, né quindi ho mai raggiunto l’età adulta. Sono la negazione assoluta, l’incarnazione del nulla. Quello che si desidera e non si può avere, quello che si sogna perché non può esistere”. (pag.20).

Lucifero inizia una sorta di decostruzione dei valori dell’umanità, provocando un radicale mutamento di prospettiva di cui egli stesso diviene vittima. Non solo il Diavolo si presenta come una galante compagnia per la giovane donna, ma struttura il suo monologo dicendo appunto che tutti quelli che sono i valori dell’umanità possono essere potenzialmente letti come sogni, non come fatti realmente accaduti o come concetti fattuali che rispecchiano una realtà immediatamente correlata.

Satana dà definizioni diametralmente differenti da quelle della cosiddetta opinione comune su temi quali la scienza, la religione, il pensiero e la vita stessa; nulla di ciò che realmente si crede tale sarebbe reale, bensì tutte concezioni artificiose della mente umana, che esprimerebbe la sua vera essenza nell’essere illusione e sogno:

Viviamo in questo mondo di simboli, allo stesso tempo, chiaro e oscuro, tenebra visibile, per così dire; e ogni simbolo è una verità sostituibile a un’altra verità, finché il tempo e le circostanze restituiscano quella vera”. (pag.25).

Lo slancio immaginativo che Pessoa lascia al suo personaggio è particolarmente coinvolgente, il Diavolo arriva a rovesciare non solo tutti gli schemi convenzionali degli esseri umani, ma arriva addirittura a negare la realtà di quella conversazione in atto nonché la propria stessa esistenza: “La verità, tuttavia, è che non esisto, né io, né qualcos’altro. Tutto quest’universo e tutti gli altri universi, con i loro diversi creatori, più o meno perfetti e addestrati, sono dei vuoti nel vuoto, dei nulla che girano, satelliti nell’orbita inutile di nessuna cosa”. (pag.29)

La figura di Lucifero arriva a etichettare tutti gli eventi, (anche quelli mitico-allegorici) che connotano la tradizione culturale occidentale come retaggi che non permettono di cogliere il senso autentico e originario dell’esistenza, vista e interpretata in questo testo da Pessoa come uno slancio, un sogno e infine un abbandono al nulla: “Le aspirazioni vaghe, i desideri futili, la noia del quotidiano, tutto questo è opera mia, nata quando, disteso ai margini dei grandi fiumi dell’abisso, penso che nemmeno io so nulla. Così il mio pensiero discende, come vago effluvio, nelle anime degli uomini ed essi si sentono diversi da loro stessi.” (pag.28).

Prima di congedarsi Lucifero spende altre parole con la propria interlocutrice, elogiando e al tempo stesso invidiando la condizione umana: “I problemi che tormentano gli uomini sono gli stessi problemi che tormentano gli dei. Ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto, disse Ermete Trismegisto che, come tutti i fondatori di religioni, si è ricordato di tutto, meno che di esistere. Voi avete il vantaggio di essere uomini, e credo che alle volte, valga più la calma e la pace di una notte che tutta questa metafisica dei misteri a cui noi, siamo condannati per natura.” (pag.33).

La storia volge al termine con Maria che dà alla luce un figlio. Divenuto adolescente, il figlio della nostra protagonista nell’intento di parlare con la madre, confessa al suo genitore di avere egli stesso memoria di uno strano incontro con un non ben definito personaggio, giustificando ciò col fatto che molto spesso, quando i bimbi sono in grembo, riescono ad assimilare alcuni ricordi materni. Il figlio chiede così alla madre da quale episodio ha origine la sua reminiscenza ma Maria glissa sull’episodio dicendo che non è qualcosa che ha reale importanza, che è solo un sogno, quasi con tono incurante: “Nient’altro che un sogno, ma in effetti c’è una parte di verità…”. (pag.40).

Perché io amo infinitamente il finito,

Perché io desidero impossibilmente il possibile,

Perché voglio tutto, o ancora di più, se può essere,

O anche se non può essere.

Ferdinando Pessoa.

A cura di Cristopher Palavisini, che per L’Eclettico ha già pubblicato diversi articoli che potete trovare nella nostra sezione “cultura.

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