La prosopagnosia è un deficit del riconoscimento facciale e viene inoltre classificata come agnosia, cioè un disturbo della percezione caratterizzato dal mancato riconoscimento di informazioni in assenza di lesioni dei sistemi sensoriali elementari, legata alla modalità visiva. I soggetti che soffrono di prosopagnosia riescono a riconoscere le persone dalla loro voce o con altri espedienti ma non dal volto, pur se con scala di gravità differenti.

Il modello cognitivo di Bruce e Young (1986), prevede quattro stadi di elaborazione delle facce; questi stadi possono essere singolarmente deficitari e portare a diverse problematicità:

  • Codifica della struttura: il soggetto è incapace di valutare se due facce sono uguali ma anche l’età, il sesso e le espressioni facciali. Il soggetto mantiene la capacità di distinguere i singoli elementi che compongono un volto (nell’insieme le facce appaiono piatte).
  • Unità di riconoscimento: il soggetto è incapace di distinguere una faccia familiare da una non familiare (nei casi più gravi anche la propria).
  • Nodo d’identità: il soggetto riesce a riconoscere ogni aspetto, compreso il senso di familiarità, ma non riesce a fornire informazioni sull’identità del volto di una persona conosciuta.
  • Attribuzione del nome: il soggetto riconosce i volti familiari ma non riesce a nominarli (incapacità di associazione del nome al volto).

La prosopagnosia si associa a lesioni posteriori del cervello (ad esempio intorno alla corteccia temporale anteriore e occipitale). Fu il medico Salvatore De Renzi (nato nel 1800 e morto nel 1872, divenuto nel 1836 ispettore della sanità pubblica e nel 1860 professore di storia della medicina presso l’Università di Napoli) che per primo scoprì che il mancato riconoscimento delle facce sconosciute coinvolgono maggiormente le lesioni all’emisfero destro del cervello (lobo parietale), al contrario le facce conosciute l’emisfero sinistro (lobo temporale).

Può accadere che il soggetto non riconosca il volto consciamente ma che comunque ci sia una componente implicita di riconoscimento. In questo caso ad esempio il soggetto non elabora al livello cognitivo la faccia della moglie, ma le attribuisce comunque una connotazione emotiva e un senso di familiarità.

Al giorno d’oggi non ci sono specifiche terapie per curare la prosopagnosia, tuttavia psicologi e psichiatri possono aiutare questi soggetti con tecniche atte nella gestione e nel riconoscimento di questa malattia.

Fonti: Vallar, Papagno, Manuale di neuropsicologia clinica. Clinica ed elementi di riabilitazione, Il Mulino, 2018; Atkinson & Hilgard’s, Introduzione alla psicologia, Piccin, Padova 2011.

© Riproduzione riservata