Sia in Francia che in Italia due partiti antieuropei, populisti e di destra, la Lega e il Rassemblement National, escono vincitori dalle elezioni. Almeno apparentemente. È, infatti, davvero così? E si tratta, nel caso, di due vittorie simili?

Partiamo dai dati delle Europee del 2014. Cinque  anni fa la Lega otteneva il 6,5%: il primo partito, all’epoca, era il PD con il 40,81 delle preferenze, un risultato ineguagliato in questa tornata elettorale. In Francia, invece, il Front National, all’epoca il partito della Le Pen ancora si chiamava così, per la prima volta nella sua storia arrivava in testa in una competizione elettorale, con il 24,86% dei voti che lo resero inoltre primo partito in Francia. L’UMP (Union pour un mouvement populaire, antenato dell’attuale Les Républicains) era al 20,81%, i socialisti al 13,98. Macron all’epoca non aveva ancora fondato En Marche! e i Verdi si attestavano  sull’8,95% a fronte del 13,13% di questa domenica.

Che cosa ci dicono tutti questi numeri?

Innanzitutto ci raccontano che la vittoria della Le Pen non è una vittoria così sorprendente e schiacciante come potrebbe apparire, soprattutto se paragoniamo i risultati del primo turno delle presidenziali del 2017 con i risultati di domenica. Due anni fa, infatti, En Marche! era al 24,01 % mentre il Front National al 21,30%. Macron sconta quindi una crescita dei Verdi, i primi due non facili anni di governo e il movimento dei gilets jaunes, ma tutto sommato regge il colpo attestandosi al 22,47%, circa un punto percentuale al di sotto del Rassemblement National che, con il suo 23,53%, ottiene un risultato peggiore rispetto al 2014. Tutto sommato, quindi, il Rassemblement non è un partito che sfonda.

Differente il discorso nella penisola. Qui il partito di Matteo Salvini ha compiuto un vero e proprio exploit attestandosi al 33,64% rispetto al 17,35% delle politiche 2017. Un balzo enorme che rende la Lega primo il partito in Italia, certo lontano dallo stupefacente risultato del PD nel 2014, ma sufficiente da renderlo anche il secondo partito in Europa dopo la CDU di Angela Merkel e, soprattutto, punto di riferimento del movimento sovranista europeo. Il risultato Italiano conferma quindi tre tendenze in atto: che Matteo Salvini, come abbiamo visto in quest’anno di governo, è il vero baricentro della politica nazionale; che, sempre Salvini, è alla guida del partito più rilevante, perlomeno in termini di voti, di tutto il fronte euroscettico; che l’Italia conferma la sua collocazione nella provincia culturale e politica dell’Europa. Quest’ultima affermazione, nonostante il risultato della Lega si collochi in una generale crescita della destra in Europa, è giustificabile in base a diverse considerazioni. Innanzitutto, come abbiamo visto, la vittoria della Le Pen in Francia non è un risultato che dice qualcosa di nuovo, piuttosto è il risultato dei Verdi e di En Marche! a dirci che la Francia si colloca, comunque, nell’alveo della stabilità europea, con un nuovo discorso che emerge che è quello ambientalista portato avanti dai Verdi. In secondo luogo la politica identitaria, cristianista, sovranista e, in generale, di destra di Matteo Salvini si confà più al gruppo Visegrad, con cui numerosi sono stati i flirt in questi mesi, che all’Europa dei sei membri fondatori. In terzo luogo, nonostante i Verdi italiani passino dallo 0,91% del 2014 al 2,29% e quindi si inseriscano, con un notevole balzo, nella generale tendenza favorevole alle tematiche green,  l’Italia è l’unico paese dei Sei in cui questo partito, di fatto l’unico vero partito in un certo senso paneuropeo, rimane al di sotto della soglia del 10%. Risultati, questi, che si invertono se guardiamo al voto degli italiani all’estero, dove il PD trionfa con il 30,9% e i Verdi ottengono un ottimo 9,7%, anche se la Lega rimane minacciosa (19%).

Tutti questi numeri ci dicono anche che Le Pen è comunque riuscita a far fronte alla crisi seguita alle presidenziali del 2017, ma ci dicono che nonostante la crescita dei sovranisti l’Europa vuole rimanere unita. Un’Unione su cui, però, è necessario vigilare e per cui è necessario lottare, soprattutto qui in Italia dove la destra non centrista (Lega e Fratelli d’Italia che si attesta al 6,46%) è forte.

È un momento difficile per chi è convintamente europeista e di sinistra, visto che solamente la Svezia, il Portogallo e la Spagna regalano delle maggioranze rosse. Ma vale la pena insistere per avere un’Europa che sia sempre più uno Stato federale, magari di sinistra. Perché un altro aspetto emerge è che le elezioni europee non sono ancora sufficientemente europee, non solo perché non si vota per candidati europei e partiti europei, ma perché i risultati di queste elezioni consentono di fare considerazioni sui singoli Stati nazionali poiché questi risultati hanno delle conseguenze nelle politiche nazionali. I prossimi cinque anni saranno, in tal senso, cruciali.

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