Da quando è iniziato il Jova Beach Party Tour non si leggono che elogi all’evento. «Il più grande spettacolo musicale»; «la celebrazione della gioia»; «la festa della musica»; «sussulto hippy contro il cinismo»; addirittura: «messaggio positivo ed ecologico». Passano così in secondo piano le critiche che sono state mosse all’organizzazione del tour, prima tra tutte quella relativa all’evento di Plan de Corones, e ai danni che i concerti potrebbero arrecare alle spiagge. Già, perché non è sufficiente che Jovanotti, dal palco, inviti gli spettatori a lasciare il luogo pulito come lo hanno trovato, né è sufficiente qualche bicicletta elettrica per ricaricare i cellulari «ecologicamente» nell’area dell’evento, o ancora le promesse, da parte dell’organizzazione, che il tour si svolgerà nel massimo rispetto degli ecosistemi locali.

In questi mesi molte sono state le critiche mosse dalle associazioni ambientaliste al tour, nel timore che i concerti possano danneggiare la flora e la fauna delle spiagge e della montagna di Plan de Corones. Dall’organizzazione e da Jovanotti sono state date due risposte: la prima è stata la promessa di rispettare l’ambiente; la seconda l’affermazione che, essendo già luoghi fortemente antropizzati, il danno sarebbe stato comunque minimo. La logica, in poche parole, è la seguente: sono luoghi dove già è presente il turismo di massa, quindi perché non organizzarvi eventi di massa? Una logica che non tiene di conto che ogni ambiente ha le proprie esigenze e necessità, che vi sono luoghi più adatti di altri a determinate attività. Ma, soprattutto, è una logica che rinnega l’ecologismo di cui si fa portavoce poiché porta con sé l’opinione «se il danno c’è già, tanto vale continuare».

 Se la montagna o una spiaggia sono fortemente antropizzate e, quindi, soffrono della presenza di un troppo elevato numero di visitatori la logica ecologica suggerisce, piuttosto, di limitare il numero di visitatori, non di aumentarlo.

Il tour di Jovanotti non propone niente di nuovo e non ha, in tal senso, alcun messaggio originale. Il messaggio è positivo solo perché allegro, ma tra sostenere che i testi di Jovanotti e lo show da lui organizzato siano qualcosa di paragonabile al festival di Woodstock o agli Hippy degli anni Sessanta c’è di mezzo un mare.

Woodstock, gli Hippy non solo erano calati in un contesto che oggi non c’è più, né erano solo estetizzazione o divertimento. Piuttosto, erano critica di una società considerata vecchia, patriarcale, non libera. Criticavano la guerra del Vietnam, proponevano un nuova idea di vita e di società e nel farlo non si limitavano alla gioia del concerto, ma praticavano quotidianamente ciò che predicavano. Non solo Jovanotti non propone assolutamente niente se non di «essere felici e gioiosi», il che è in tal senso semplicistico e buonista, ma soprattutto non critica la società per come essa è, né la pratica che propone viene trasposta al di fuori dell’arena del concerto: lì inizia e finisce. È facile fare proclami retorici richiami all’amore e all’unità retoricamente, molto più difficile sviluppare un pensiero critico capace di dar vita a pratiche rivoluzionarie quotidiane.

Il Jova Beach Tour non è altro che l’espressione dell’industria dell’intrattenimento che si ammanta di ecologismo e finti messaggi di cambiamento che nascondono la pretesa del divertimento e dell’egoismo nichilista del voler fare ciò che si vuole indipendentemente da ciò che ci circonda. Jovanotti, per quanto si ritenga un profeta della pace e dell’allegria, è in verità il profeta dello show e fa dell’evento la sua ragione d’essere. In tal senso, il tour di Jovanotti è un palliativo al timore dei cambiamenti climatici, al timore di ciò che ci circonda: esso è figlio di una società che vive nella riproducibilità del presente al fine di esorcizzare le paure. In questa mentalità ciò che è diverso o allarmante, come il cambiamento climatico, viene scongiurato inserendolo all’interno di un sistema di pratiche e retoriche, in cui rientrano anche le forme di intrattenimento. Tali pratiche offrono apparentemente una soluzione al problema poiché riconducono il singolo, lo spettatore, nell’alveo della sicurezza del presente vissuto all’interno di un canone rassicurante perché riproducibile tecnicamente: l’evento.

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