Venerdì 8 novembre a Lione uno studente universitario francese di 22 anni si è cosparso di benzina e si è dato fuoco di fronte ad un ufficio del Crous (Centre régional des œuvres universitaires et scolaires), l’ente amministrativo che si occupa degli aiuti sociali per gli studenti. Un estremo atto di protesta contro le difficoltà finanziarie che obbligavano questo studente a ripetere il secondo anno di università per la terza volta. Difficoltà che, in passato, erano alleviate da una borsa di studio di 450 euro i quali portavano questo giovane lionese a chiedersi, nella lettera che ha scritto per motivare il suo gesto: «come può essere abbastanza per campare?». Nello scritto lo studente accusa il governo francese, in particolare Macron, Hollande, Sarkozy e Marine le Pen, rivendicando il ruolo dell’azione sindacale e la richiesta di uno stipendio per chi studia. Soprattutto il giovane parla delle difficoltà e della precarietà che determinano l’incertezza per il futuro.
Precarietà è la parola chiave per comprendere le ragioni alla base delle contestazioni degli studenti francesi e, quindi, su che cosa ha voluto porre l’attenzione il giovane studente di Lione. Con precarietà si intende, perlomeno nel contesto francese, la valutazione del rischio potenziale di passare ad una situazione di povertà e/o di esclusione. Spesso è definita come assenza di una o più norme di sicurezza sociali che permettano di godere dei diritti fondamentali.
I fenomeni della precarietà e della povertà tra gli studenti sono in forte aumento in Francia. Uno studente su cinque vive infatti al di sotto della soglia della povertà; uno su due deve lavorare per potere terminare gli studi (il 46%); almeno uno su dieci (il 13,5%) dichiara di aver rinunciato all’acquisto di una medicina per ragioni economiche (il numero arriva al 16,9% tra gli studenti di origine popolare).
Di fatto, l’ottimo sistema di assistenza francese non è in grado di garantire aiuto a tutti gli studenti che necessitano di un sostegno finanziario e, spesso, quando arrivano non sono comunque sufficienti. Ciò in parte è dovuto al fatto che le università francesi hanno delle difficoltà nell’assorbire e gestire l’alto numero di studenti figli del boom delle nascite dei primi anni duemila. Fu anche su questa difficoltà che tra l’inverno e la primavera del 2018 gli studenti francesi protestarono ed occuparono le università in massa. Ma ciò non è comunque sufficiente a spiegare questo fenomeno per cui è necessario andare a guardare il numero di persone nella soglia di povertà presenti sul suolo francese. Povertà significa essere esclusi da una norma o un contesto sociale in un dato territorio e in un dato momento, quindi in questo caso dall’istruzione: il 18% dei francesi di più di 15 anni non sono diplomati, mentre il 7% dei francesi tra i 18 e i 65 anni è analfabeta. In un paese come la Francia dove la scolarizzazione è, più che altrove, ritenuta il centro della vita sociale e democratica del paese e chiave di accesso per numerose mansioni nel pubblico e nel privato il problema dell’accesso allo studio è reso ancora più acuto.
La povertà si manifesta nell’impossibilità di accedere ai beni materiali e di prima necessità: il 7,6 % della popolazione dichiara di non potere acquistare un secondo paio di scarpe per mancanza di mezzi economici; nel 2015 4,8 milioni di persone hanno dovuto ricorrere ad aiuti alimentari; quasi 4 milioni di persone hanno vissuto in alloggi inadeguati o sono senza una casa.
I più giovani sono tra chi risente di più dell’aumento della povertà: più di un bambino su 10 vive nell’indigenza; l’11,8% dei giovani tra i 20 e i 29 anni sono poveri. Il tasso di povertà dei non laureati è tre volte superiore a chi possiede una laurea magistrale.
Ciò non significa che il welfare e i mezzi di assistenza francesi siano totalmente inefficaci: ad esempio consentono ad oltre 5 milioni di persone di sfuggire alla povertà. Senza questi strumenti non sarebbe il 14% della popolazione a vivere nel bisogno, ma il 22%. La Francia, inoltre, è tra i paesi europei con il più basso tasso di povertà e il primo tra quelli più popolosi.
Ciononostante più della metà dei poveri rimane tale l’anno successivo, quota che è del 30% dopo tre anni e del 20% dopo quattro. In tal senso esiste una povertà strutturale che non viene risollevata dagli strumenti disponibili.
Tra gli anni Settanta e Ottanta la Francia ebbe una notevole riduzione del numero di persone che vivevano nell’indigenza. Ciò fu dovuto ad un assottigliamento nelle differenze sociali e di vita tra i ceti benestanti e non, perché i secondi riuscivano ad avvicinarsi ai primi. I tassi di povertà sono poi tornati ad aumentare con la crisi economica del 1993. La ripresa tra il 1997 e il 2001 migliorò la situazione, ma comunque all’inizio dei 2000 la povertà tornò a salire, per svariati motivi. Innanzitutto l’aumento del numero di famiglie monoparentali a basso reddito (in concomitanza con il boom delle nascite); non di seconda importanza fu il tasso di occupazione che è rimasto costantemente basso a causa del deterioramento del mercato del lavoro (disoccupazione, precarietà bassi salari). Ciò pesa, in particolare, sul tenore di vita dei più giovani che, inoltre, subiscono il forte aumento dei costi delle abitazioni che è, a sua volta, parte della crisi abitativa delle grandi città francesi.
Questi dati vanno ad incidere sulla vita degli studenti appartenenti alla fasce della popolazione più svantaggiate anche a causa dell’aumento del costo della vita universitaria. Nel 2018, infatti, la vita di uno studente costa lo 1,31% in più rispetto all’anno precedente, ciò significa che il 56% degli studenti vede aumentare il costo della vita universitaria più dell’inflazione. L’aumento del costo della vita studentesca è dovuto principalmente a tre motivi: l’aumento dei canoni di locazione, che per il 69% degli studenti rappresentano più della metà delle spese mensili, aumentati dell’1,6% per chi rientra nelle locazioni fornite dai Crous, del 3,86% per chi è in affitto da un privato; l’aumento dei prezzi per i mezzi di trasporto, in particolare a Lille, Nantes, Tolosa, Lione (la città del giovane studente), Saint-Etienne, Nancy, Angers e Rouen; l’incremento delle tasse di iscrizione all’università (0,28%) e di altri servizi forniti dalle università, come ad esempio i pasti che sono aumentati dello 1,54% dopo 3 anni che erano rimasti invariati.
Da un punto di vista di genere sono le studentesse ad essere le più svantaggiate: il numero delle precarie è stimato intorno a 270.000; il costo della vita è invece calcolato come 118,68% più alto rispetto a quello degli uomini, anche per spese “obbligatorie aggiuntive” (cioè non rimborsate parzialmente o totalmente), come quelle per i contraccettivi, gli assorbenti o i reggiseni.
Una delle più importanti organizzazioni studentesche diffusa in tutta la Francia, il Syndicat étudiant (unéf), cui aderiva anche il ragazzo di Lione, ha formulato sette proposte per migliorare la condizione degli studenti (consultabili qui) e ha indetto per il 12 novembre delle proteste sotto i Crous di tutta la Francia.
© Riproduzione riservata
Pic credits: https://www.liberation.fr/depeches/2019/11/12/etudiant-immole-a-lyon-mobilisation-en-france-les-pouvoirs-publics-interpelles_1762993

Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.