“Bologna non si Lega”: dopo il capoluogo emiliano sarà la volta di Modena e forse anche Firenze. Mari di “Sardine” hanno intenzione di inondare altre piazze italiane, in concomitanza con gli appuntamenti elettorali del leader della Lega Matteo Salvini.

Il successo del flash mob 6000 Sardine” pone una serie di domande sulla reali prospettive politiche di una piazza nata “dal basso”, dalle mente di quattro trentenni. Le undicimila persone che hanno risposto all’appello lanciato su Facebook dagli organizzatori, Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa sono una “rivoluzione ittica“ senza precedenti oppure una “mareggiata temporanea”, destinata a spegnersi in tempi rapidi? 

Come accade spesso, il problema non riguarda il fatto in sè (un flash mob di successo) ma i significati che vengono attribuiti e costruiti intorno. La cornice di contesto che interpreta la realtà: il frame, per usare le parole del sociologo americano Erving Goffman.

All’indomani della manifestazione di Piazza Maggiore “Repubblica”, secondo quotidiano in Italia, ha titolato in prima pagina: “Bologna che resiste”. Il giornale diretto da Carlo Verdelli ha parlato di un insuccesso del leader leghista, “che ha faticato a riempire il Paladozza”. Nelle stesse ore il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti twittava: “Piazza Maggiore: qui c’è una piazza bellissima”. Nelle ore successive il tam tam mediatico – e in certi casi apologetico – si è rivolto verso i protagonisti, i “magnifici quattro” che hanno organizzato la manifestazione. Interviste, dichiarazioni e plausi per un’iniziativa che ha dato una risposta forte al salvinismo e alla propaganda milionaria de “La Bestia” di Luca Morisi, l’uomo che sta dietro alla comunicazione leghista. Fin qui la narrazione che si è costruita pare riuscita, utile per arrivare alla “battaglia finale” di inizio 2020: le elezioni regionali in Emilia Romagna. Lucia Borgonzoni vs Stefano Bonaccini. La candidata outsider leghista e il governatore uscente. Una prova elettorale che per alcuni attori politici – e qua si ritorna al concetto di frame – segnerà anche il destino del Governo Conte II.

Tuttavia ci sono tre elementi che vanno presi in considerazioni per capire se le sardine verranno “inscatolate” oppure migreranno in libertà e con forza verso altre piazze nei prossimi mesi.

Primo elemento: non ci troviamo dinanzi alla prima contestazione forte nei confronti di Matteo Salvini. Nelle settimane che hanno preceduto le Europee di maggio in numerose città italiane sono andate in scena “le proteste delle lenzuola”: a ogni tappa elettorale del leader leghista, da Nord a Sud, molti cittadini esponevano slogan e manifesti contro la Lega: “Mai con Salvini”, “Salvini Vattene”, “Dove sono i 49 milioni? Sappiamo poi com’è andata a finire: Lega primo partito quasi ovunque, con 28 eurodeputati eletti e il 34,3% dei voti. Le lenzuola appese dalla “società civile” non sono pervenute all’elettorato.

Arriviamo quindi al secondo elemento da tenere presente. Indubbiamente, da maggio a oggi, si sono verificati una serie di eventi politici da non sottovalutare – Salvini non è più ministro e il Governo è cambiato – tuttavia rimane identica la strategia politica perseguita dal leader del principale partito italiano (parlano i sondaggi). Il segretario della Lega continua a rivolgersi al suo elettorato, a infischiarsene delle contestazioni che riceve costantemente. Forte dei suoi supporter e di una gestione social molto efficace, tira dritto per la sua strada, con una strategia basata su tre punti: “Territorio – Web -Televisione”. Potranno esservi anche altre quattro o cinque piazze come quella di Bologna ma Salvini continuerà a mandare “baci” e “saluti” da Twitter, a perseguire il suo scopo: polarizzare al massimo il voto e mobilitare una parte consistente dell’elettorato italiano sui temi che gli risultano più congeniali. Del resto stiamo parlando di un leader politico che negli ultimi anni ha portato gli altri partiti a inseguirlo sulla sua agenda, specie in materia di Immigrazione. E, anche in caso di sconfitta in Emilia Romagna, potrà dire di essere il vero vincitore, di aver portato la Lega a un risultato importante in una “roccaforte della sinistra”. Non dobbiamo poi dimenticare che nel 2020 si va al voto in altre regioni, come Campania e Calabria, dove la partita giocata da Salvini (e dagli alleati di centrodestra) appare più in discesa che in salita.

Terzo elemento. Gli obiettivi del leader leghisti appaiono chiari. Quelli delle “Sardine” lo sono un po’ meno. “Non avevamo nessuna ambizione se non quella di suonare una sveglia collettiva convinti che Bologna fosse il luogo giusto per farla e così siamo partiti”, ha spiegato all’Ansa Mattia, uno degli organizzatori. “Per la gente di sinistra, dal basso, che ha dormito per troppo tempo”, ha poi aggiunto.

Le ambizioni danno prospettive politiche e il richiamo verso i delusi di sinistra portano a un rischio insidioso, quello di sembrare una appendice di un ceto dirigente che appare in declino ma che allo stato attuale governa a Roma e in diverse regioni italiane: il centrosinistra a trazione PD. Il tweet di Zingaretti e della “piazza bellissima” non sembra poi così casuale. Inoltre, alcuni esponenti dem, come i parlamentari emiliani Andrea De Maria e Luca Rizzo Nervo, erano presenti giovedì scorso in Piazza Maggiore. Le “Sardine” non hanno connotazione politica e non vogliono averla: tuttavia devono sapersi guardare dal “fuoco amico”, dai possibili compagni di viaggio. Perché quello che traspare dal flash mob di Bologna è che si trattava perlopiù di una piazza apartitica, riunitasi davanti alla Basilica di San Petronio per un motivo: boicottare l’evento di Matteo Salvini al Paladozza. Un’istanza che è stata sfruttata bene e che ha funzionato per i quattro organizzatori. Ma che deve metterli in guardia dai passi successivi, fondamentali per capire se si tratta di “rivoluzione ittica” oppure di “mareggiata improvvisa”.

Nemmeno un anno fa un altro movimento spontaneo e nato dalla “società civile” si riuniva a Torino, in Piazza Castello. Il movimento “Si, Torino va avanti”, capeggiato dalle sette madamin “Si Tav”, ha riempito nei mesi scorsi – con un certo successo – una delle principali piazze della città sabauda grazie ad una serie di manifestazioni apartitiche, dove hanno partecipato, privi di simboli, esponenti politici come l’ex segretario pd Maurizio Martina, l’ex governatore piemontese Sergio Chiamparino, il governatore ligure Giovanni Toti, il leghista Riccardo Molinari e la forzista Mariastella Gelmini. Le sette madamin sono state protagoniste poi di interviste, dibattiti televisivi (toccherà anche alle “Sardine”, prima o poi), e dell’attenzione continua da parte dei media.

Com’è andata a finire? Una delle ultime manifestazioni delle sette madamin, datata 26 giugno – pochi giorni dopo l’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 a Cortina e a Milano – ha visto una scarsa affluenza di partecipanti. Un flop arrivato dopo diversi mesi di indignazione riuscita e di protesta continua. Una dimostrazione di come le manifestazioni, se non vengono tradotte in pratica politica, perdono la loro vitalità, la loro effervescenza. Le istanze di cui si fanno portavoci rischiano così di scomparire, di finire in soffitta. Le “Sardine” devono riflettere intorno alle vicende piemontesi se vogliono avere un presente e un futuro. Forse devono far avverare il sogno del giornalista Massimo Mantellini: creare una nuova rappresentanza riformista in contrapposizione non solo a Salvini, ma anche “all’offerta miserrima che la sinistra organizzata offre oggi in Italia”.

Credit photo: immagine Facebook “6000sardine”

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