Saepe malum hoc nobis, si mens non laeva fuisset, de caelo tactas memini praedicere quercus (Ma spesso questa sventura, se le nostre menti non fossero state cieche, ce la predissero le querce colpite dal fulmine. Virgilio, Bucoliche).
Cinque sono, essenzialmente, i problemi di rilievo che il Coronavirus pone in ambito di politiche internazionali. Il primo di essi riguarda la risposta disgregata, disorganica e tardiva che pressoché tutti i governi hanno dato, talvolta sottovalutando il rischio in base alle esigenze che le questioni interne ponevano. Nel caso italiano, mi riferisco ai richiami della comunità scientifica che già a gennaio arrivavano e che sono stati sottovalutati da Conte, ai conflitti con le regioni, ai blocchi dei voli provenienti dalla Cina ma non dai voli con scalo.
Il secondo è una sorta di corollario del precedente: l’assenza di regole e norme condivise a livello globale, con agenzie in grado di farle rispettare. Si vive oggi in un mondo che è e sarà sempre più globalizzato, in cui tornare alla situazione precedente è impossibile, pertanto delle norme, perlomeno su alcune questioni fondamentali come gli standard igienicosanitari, di contenimento di pandemie e loro prevenzione, così come di comunicazione, andrebbero sviluppate assieme ad un rafforzamento della capacità di agency degli organismi sovranazionali, i soli che possono avere il potere di arginare una crisi o di agire in difesa dei consumatori. Si rimprovera all’Unione Europea di non agire a sufficienza per arginare la crisi, nonostante questa stia già facendo ciò che è in suo potere: il problema sono gli Stati membri e l’arresto che dal 2005 il processo di integrazione ha subito. Le conseguenze di questo rallentamento le si vedono ora che si avrebbe bisogno di un soggetto come l’Unione Europea capace di armonizzare le varie istanze proponendo delle soluzioni che tengano di conto le dinamiche di lungo periodo perché slegata da logiche locali.
In terzo luogo il ruolo della Cina nello scenario globale. Dopo le epidemie di SARS e MERS, anch’esse originatesi in questo paese, non è da escludere un indebolimento di Pechino nel consesso internazionale, non fosse che nonostante tutto pare che rafforzi il suo soft power esportando medici e mascherine, orientando così il discorso pubblico al di fuori delle proprie responsabilità le quali dovrebbero invece essere al centro del dibattito internazionale. Proprio la Cina, inoltre, pone in evidenza che la mancata cessione di sovranità determina un problema globale, cioè l’assenza come si diceva di una reale capacità di agency in istituzioni internazionali come l’OMS e quindi in regole e standard comuni, specialmente nell’ambito igienicosanitario. Standard che l’Unione Europea ha prontamente adeguato, confermandosi un’avanguardia nella tutela dei suoi cittadini, quando in Italia era prontamente sbeffeggiata per la «misurazione della lunghezza delle zucchine».
Gli scenari possibili sono una disaggregazione maggiore del panorama comune, quindi un tentativo di ritornare a prerogative di sovranità impraticabili – quarto problema. Detto in altri termini, un arresto ulteriore nel processo di integrazione europea dai risultati imprevedibili e il rafforzamento della leadership cinese e quindi della sua capacità di influenzare le democrazie europee – ciò che un tempo era chiamato imperialismo e di cui erano tacciati gli Stati Uniti. Possibilità che porterebbe i paesi europei verso un rafforzamento dell’autorità governativa, a discapito dei meccanismi di contrappeso, mantenendo alcune prassi messe in atto per arginare la crisi del Coronavirus: un uso massiccio dei decreti, l’impiego maggiore dell’esercito in materia di ordine pubblico, il ricorso a sistemi di sorveglianza dei cittadini, come quello sui cellulari sperimentato in Lombardia, che mettono in dubbio il rispetto delle più elementari norme di privacy. Lo scenario più ottimista è che si tragga lezione dalla situazione attuale e che si rafforzino quindi le istituzioni sovranazionali ed internazionali come l’Unione Europea o l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il quadro, infine, si fa ancora più complesso se vi si aggiunge il quinto problema, quello della recessione globale cui siamo attualmente esposti a causa del Coronavirus. Strumenti di protezione e prevenzione iniziano ad essere messi in atto. Ma anche in questo caso ci scontriamo con un problema di mancata cessione di sovranità la dove i paesi membri dell’Unione Europea non trovano un accordo sull’uso del MES e dei “Coronabond”, sottolineando ancora una volta le differenze politiche e di visione economica tra un’Europa più mediterranea e una nordica, differenza che potrebbero essere armonizzate dall’Unione Europea se solo ne avesse il potere. Ma in un panorama globalizzato, in cui l’interdipendenza economica è estremamente forte, servirebbero forse dei sistemi di prevenzione e aiuto più ampi, globali per l’appunto, che anche in questo caso implicherebbero la cessione di sovranità.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.