Le iniziative e le azioni di Black Lives Matter, Non una di meno e Fridays for Future sono solo alcuni degli esempi di quelle realtà che agiscono in maniera concreta per cambiare quei tratti socio – culturali che opprimono varie fasce della popolazione. Sono, inoltre, movimenti guidati da giovani come Joshua Wong (nato nel 1996, leader delle proteste anticinesi di Hong Kong). Ciò che però si riscontra in queste realtà è l’assenza della sinistra, intesa come organizzazione partitica e di movimento, in forma non solo unitaria ma realmente capace di proporre una critica volta al superamento dell’oggi. Per essere di sinistra, infatti, non è sufficiente vincere alcune competizioni elettorali o professarsi per i più deboli: è necessaria una coerenza tra le parole e le azioni e la capacità di sviluppare una visione alternativa al presente. Gli stessi movimenti, comunque, hanno delle debolezze al loro interno che, se superate, consentirebbero di ottenere una maggiore incisività – ne abbiamo parlato qui.

Un problema fondamentale della penisola è l’apparente incapacità di costruire un movimento trasversale di massa che coniughi i vari segmenti di lotta all’interno di un quadro critico e propositivo. Ad esempio: tanti sono stati i posti di lavoro andati persi nel corso della pandemia; molti i disagi patiti dagli studenti e dai giovani disoccupati. Un vero movimento e un vero partito di sinistra dovrebbero essere in grado di coinvolgere, nello stesso segmento di lotta, l’addetto alle pulizie della biblioteca o dei locali universitari entrato in cassa integrazione a causa del virus con gli studenti e i giovani disoccupati. Per farlo è necessario sviluppare una critica al sistema socio – culturale ed economico vigente. Alla base di tale critica dovrebbe essere il lavoro in quanto esso è sia il perno del sistema capitalistico e della cultura da esso derivato, sia ciò che accomuna il lavoratore cassaintegrato al giovane disoccupato. Ciò perché nella nostra società si vive per lavorare. Essendo infatti il lavoro il perno del sistema lo studio non è più finalizzato all’acquisizione del sapere. In tal senso il sapere non è più inteso come indipendenza di pensiero, quindi “inutile” perché non conforme al giusto del più forte – ma come conoscenza, cioè come l’insieme di competenze standardizzate, tecniche e frammentate volte alla massimizzazione dell’utile e del profitto. Ciò fa si che il sistema educativo, in particolare quello universitario, siano sempre più orientati alle professioni, cosicché i giovani siano schiavi del lavoro prima ancora di poter accedere al mondo del lavoro. La parola «schiavi» non è casuale poiché secondo l’etica capitalistica la massima realizzazione dell’individuo è nel luogo di lavoro, perciò si vivrà per lavorare, diventando schiavi di un qualcosa che dovrebbe essere uno strumento per vivere (vivere per lavorare) e uno dei tanti mezzi a disposizione per realizzarsi. La vita, all’interno di questo sistema è, per tanto, finalizzata al lavoro e strutturata in sua funzione: l’inutile, ciò che non è lavoro, non è considerato alla stessa stregua. Nel mondo del lavoro, inoltre, si trovano ulteriori elementi di discriminazione ed oppressione ben presenti nella società come le problematiche di genere (le donne e i membri della comunità LGBQT+ subiscono infatti una pressione maggiore rispetto agli uomini cisgender).

Le sfide sino a qui menzionate saranno risolvibili solamente con la creazione di progetti sovranazionali che presuppongano la cessione di sovranità nazionale ad organismi federali come l’Unione Europea. Difatti le tematiche di genere, i cambiamenti climatici, l’assenza di tutele sul lavoro, l’enorme potere economico e culturale delle multinazionali sono problematiche tra loro unite e transnazionali in cui un singolo Stato – nazione o singoli movimenti locali non integrati in realtà internazionali possono ben poco. Anzi, spesso sono gli stessi Stati – nazione ad essere portatori di ideologie divisive, misogine e funzionali ad un sistema lavoro che favorisce il potere economico a discapito del lavoratore e del consumatore.

Analizzare questi spunti significa cambiare mentalità, sistema culturale, sociale ed economico. Alcune realtà lo stanno già facendo, come il progetto di recupero dell’Ex Centrale del Latte a Bologna gestito dal Laboratorio Crash!, un progetto autorganizzato spinto da una visione intersezionale che unisce femminismo, ecologismo, critica al capitalismo e cultura con azioni dirette e concrete per chi è in difficoltà.

È quindi necessario uno sforzo maggiore per unire i vari movimenti in un’unica realtà sovranazionale ed intersezionale. Per farlo è necessario sviluppare un progetto critico del presente che offra delle alternative per il futuro.

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