Attenzione: l’articolo contiene informazioni e descrizioni che potrebbero urtare la sensibilità del lettore. È pertanto consigliata la lettura ad un pubblico adulto e consapevole.

A dicembre il giornalista due volte vincitore del Premio Pulitzer Nicholas Kristof ha pubblicato, sul New York Times, un articolo che svelava un problema di fatto noto a molti, ma di cui si fatica a parlare: quello dei video contenenti abusi, violenze su minori, stupri e revenge porn in siti come Pornhub.

L’articolo del giornalista statunitense ha portato ad alcuni cambiamenti nella politica aziendale di Pornhub, anche dopo che Visa e MasterCard avevano sospeso i pagamenti sul sito con i loro circuiti, ma ciò non significa che le azioni intraprese siano sufficienti. Senza scendere nel dark web, infatti, su molti siti porno (XVideos, XNXX, RedTube, XHamster per citarne alcuni) i problemi sollevati da Kristof rimangono. È sufficiente un breve giro in rete per rendersene conto. Accedendo a XVideos o a XNXX, ad esempio, e digitando nella barra di ricerca la parola «violento» appariranno tra i suggerimenti: «sesso violento stupro»  (68.433 video); «donne violentate» (22.051 video); «papa violenta figlia» (22.369); «violentate in casa» (231.473); «drogate e violentate» (168.966).[1] E si potrebbe andare avanti. Ad esempio su XVideos cercando «sesso violento» tra le ricerche correlate appaiono i seguenti suggerimenti: «sesso con cane»; «stupro italiano»; «sesso violento stupro» (in grassetto); «sesso a scuola»; «stupro»; «sesso tra bambini»; «sesso con cavalli». È poi sufficiente cliccare su alcuni di questi video, dall’aspetto amatoriale, per incappare in titoli come «piangere mi chiede di togliermelo dal c…» in cui una ragazza che urla e piange viene sodomizzata, oppure in video in cui la fellatio orale è così violenta da provocare il vomito.

Una realtà pericolosa se pensiamo che in Italia il 31,5% delle donne comprese tra i 16 ed i 70 anni (6 milioni 788 mila) ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Ma più specificatamente, quale è il problema legato ai porno precedentemente citati?                                                                       

Ovviamente parte del problema sta nella violenza che sia questa consensuale, cioè i casi in cui delle persone si prestano a girare filmati in cui stupri e/o violenze vengono simulati, o non consensuale. I video che mostrano abusi, la maggior parte dei quali riguardanti le donne, sono atti di violenza così come lo sono i video e le foto caricati senza consenso e quelli che ritraggono – anche in questo caso che siano veri o presunti – minori.

Tante cose insieme. Proviamo a sbrogliare la matassa.

C’è un problema di genere: la maggior parte dei video in questione ritraggono, infatti, il sesso femminile.

Connesso al precedente è il problema del revenge porn, la pubblicazione di foto e video senza il consenso del soggetto ritratto per “vendetta” verso gli ex partner. I contenuti riguardano, ovviamente, scene sessuali o di nudo e anche in questo caso colpiscono principalmente le donne. Non solo i siti porno, ma anche canali Telegram, Facebook e chat Whatsapp sono i luoghi di scambio del materiale. Uno degli ultimi casi di revenge porn riguarda quello di una maestra d’asilo che aveva mandato delle foto nude al partner, il quale le aveva poi inviate in una chat Whatsapp del calcetto e da lì erano poi giunte all’attenzione della Direttrice scolastica che l’ha licenziata. Il caso della maestra dimostra come la società e la cultura tendano a colpevolizzare le vittime, anziché punire i colpevoli, perché si ritiene ancora che una donna non possa avere una vita sessuale e che, evidentemente, scambiarsi foto nude sia qualcosa di «osceno e indecente» la dove l’indecenza e la violenza sono in chi questi contenuti li condivide.

Altra questione è poi quella dei video e delle foto ottenuti con delle telecamere nascoste nei bagni o nei camerini, prassi forse poco conosciuta ma purtroppo relativamente diffusa.

Infine, ma non certo di minore importanza, un problema molto grave – ed inquietante – è legato all’età: la categoria «teen», cioè teenager (13 – 19 anni) è una delle più cercate nei siti porno, tant’è vero che vi sono delle attrici specializzate in questi ruoli. Il problema è composito: la presenza di video che sono effettivamente pedopornografici; il bisogno, per alcuni, di guardare video dove gli attori simulano di essere teenager (nell’industria cinematografica le attrici sono maggiorenni per ovvie ragioni legali).

Ad esempio di quanto detto fino ad ora, inserendo nella barra di ricerca di XVideos la parola «stolen» (rubato) uno dei primi video ha il titolo «Amiche reali amatoriali» e contiene foto di ragazze vestite e non. Inserendo invece «whatsapp italia» (senza le maiuscole) uno dei primi video è «Mia zia si è eccitata, mi ha mandato delle foto per caso e finisce per confessare che vuole provare il mio c…», il cui contenuto sono screenshot di una conversazione Whatsapp in spagnolo con alcune foto di nudo. Nelle ricerche correlate, inoltre, si trova evidenziato «whatsapp video napoli» (senza maiuscole): cliccando appaiono molti video, dall’aspetto decisamente amatoriale, i cui soggetti sono spesso ragazze molto giovani per cui è estremamente difficile stabilire se si tratta di maggiorenni o di minorenni. Se parliamo di minorenni, su XNXX inserendo «14 ani» appaiono una serie di video in cui le cui protagoniste hanno decisamente l’aspetto di ragazze al di sotto della maggiore età. Dai risvolti molto pesanti da un punto di vista di genere, inoltre, è la presenza di video in cui i soggetti di sesso femminile perdono la verginità. Anche in questo caso è difficile stabilire, trattandosi spesso di video amatoriali, se le attrici siano maggiorenni. In questi video ciò che viene messo in risalto è la presenza del sangue che testimonierebbe l’effettiva perdita della verginità nella donna. Si tratta di uno stereotipo di genere: la donna deve mantenersi illibata, ma allo stesso tempo ha una libido difficilmente controllabile; l’uomo «prende» alla donna la sua verginità, dominandola e sottomettendola, prendendo così possesso sia della castità che della persona.

A questo punto è necessario introdurre due ulteriori problemi. La maggior parte dei siti porno più visitati (Pornhub, XNXX, XVideos, RedTube, YouPorn, etc.) non si basano solo sui video degli attori professionisti. Molte delle clip presenti, infatti, sono immesse nel sistema da utenti non verificati. Questo significa che chiunque può caricare dei video su cui, di fatto, il controllo è pressoché assentePornhub, in seguito all’articolo del New York Times, ha cancellato milioni di video di utenti non verificati e da poche settimane ammette solo quelli degli account verificati. Kristof nel suo articolo ha scritto che Facebook ha 15mila moderatori, Pornhub solo 80sul colosso del porno vengono pubblicati 6,8 milioni di nuovi video all’anno, con una media di 3,5 milioni di visite al mese. Non conosciamo quanti moderatori possiedono gli altri siti porno, ma Kristof scrive che hanno politiche meno stringenti di Pornhub. Il secondo problema riguarda i download: nella maggior parte di questi siti è possibile scaricare i video, pertanto anche se le vittime riescono a far eliminare immagini e video che li ritraggono – processo, tra l’altro, difficile e lungo – queste vengono continuamente ricaricate sul sito da altri utenti non verificati continuando a girare nel web, rimanendo inoltre nei pc di queste persone. Pornhub, seguendo i suggerimenti di Kristof, ha limitato i download solo agli attori professionisti, ma esistono dei software per scaricare comunque i video.

Se non cambieranno le regole su tutti i siti porno, ma solo su uno di questi, gli utenti che cercano contenuti violenti si sposteranno, oltretutto senza disagi, su altre piattaforme.

Le conseguenze sulla vita di chi subisce le violenze sino ad ora descritte sono terribili. Alcune le ha raccolte Kristof nel suo articolo e riguardano spesso ragazze che all’epoca dei fatti avevano tra i quattordici e i sedici anni, un’età in cui è facile fidarsi del proprio partner ed in cui è difficile orientarsi sul web e nella sessualità. Una storia riguarda una bambina cinese di nove anni, adottata da una coppia di americani che l’ha poi costretta a prostituirsi e ad apparire in video pedopornografici. La ragazza oggi ha 23 anni, studia da avvocato e periodicamente deve chiedere a Pornhub che i suoi video vengano rimossi.

Stiamo parlando di video che riguardano, per la maggior parte,  la categoria «teen»; ma sono anche video in cui il soggetto principale è la violenza e/o la vendetta sulle donne.

Pochi anni fa un’attivista francese, Dora Moutot, pubblicò su Tumblr dei video in cui piangeva. Questi video vennero poi scaricati e postati in vari siti porno. Come la stessa Moutot scriveva nonostante «ci sia del moccio che esce dalle mie narici» il video è stato sessualizzato, cioè reso oggetto del desiderio sessuale. Ciò significa che c’è chi cerca contenuti in cui le donne soffrono per eccitarsi.

Tornando alla categoria teen – tra le più ricercate come dimostra il report annuale di Pornhubparte dell’industria del porno riguarda delle attrici professioniste che sembrano minorenni e che nei video, pur senza dirlo esplicitamente, fanno finta di esserlo. Video in cui spesso i titoli hanno al proprio interno «stepmom» (matrigna, per evitare accuse di incesto non viene detto espressamente «madre» nonostante, comunque, nei siti “minori” come XVideos si trovino anche di questo tipo) o «daughter» (figlia). Parte del problema sta nel fatto che è difficile stabilire quando le ragazze sono minorenni o maggiorenni, perché potrebbero aver sviluppato precocemente. Così come è difficile stabilire quando un atto violento è consensuale oppure no. Un terreno scivoloso, visto che alcune pratiche BDSM, che non hanno nulla a che vedere con le parafilie, possono essere violente. Ciononostante c’è una differenza tra le pratiche BDSM e un video in cui una donna, anche se consenziente, viene picchiata, piange e urla e il titolo contiene le parole «stupro» e «violenza». Il problema però riguarda ciò che sta dietro la ricerca della categoria teen e la violenza di questi video. Se molte persone hanno bisogno di ricorrere a questi scenari significa, infatti, che esiste un problema molto grande perché molti degli individui che ci circondano sono maschilisti e, soprattutto, assuefatti e normalizzati alla violenza sulle donne, oppure che hanno tendenze pedofilie. L’inquietante domanda che sorge è: quanta violenza repressa hanno queste persone e quando si scatenerà? Se fosse altrimenti queste persone cercherebbero solo video con sesso consensuale ed in cui uno dei due soggetti non viene deumanizzato e annichilito – tutto il contrario delle pratiche BDSM che si basano sul riconoscimento del partner e il consenso –  e non cercherebbero immagini che sottointendono la minore età dei protagonisti.

Per comprendere la gravità del fenomeno è necessario chiedersi quante siano le vittime di violenze. Secondo Osservatorio diritti nel 2019 ogni giorno 88 donne erano vittime di violenza in Italia. L’Istat, nella sua indagine più recente (2014) indica che il 31,5 delle donne comprese tra i 16 ed i 70 anni (6 milioni 788 mila) ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Il 13,6% (2 milioni 800 mila) le ha subite dal partner o dall’ex; il 24,7% da parte di uomini non partner: il 13,2% da estranei e i 13% da persone conosciute. Dati che vanno letti al ribasso perché si basano sulle denunce e non tengono quindi di conto di tutte quelle donne che subiscono violenze ma che, per svariati motivi, non possono denunciarle. Secondo un’analisi dell’Istat durante il lockdown iniziato a marzo del 2020, le chiamate ai centri antiviolenza sono aumentate del 73%, una percentuale al cui interno emerge che il 72,8% non denuncia subito il reato. Cosa c’è all’interno di questi numeri: si va dallo stupro (3% delle violenze) e tentati stupri (3,5%) ai rapporti indesiderati vissuti come violenze (il 4,7%) alle molestie fisiche (essere baciati o toccati contro la propria volontà, il 15,6%); sono comprese le minacce (12,3%), le spinte e gli strattoni (11,5%), le percosse (tra cui anche i morsi, il 7,3%). Dati ancora più allarmanti se osservati con la lente globale: nel mondo circa 15 milioni di ragazze comprese tra i 15 e i 19 hanno subito violenza sessuale. Numeri che fanno sostenere all’ONU, in relazione alla violenza di genere, di un «flagello mondiale». Di fronte ai dati è quindi difficile sostenere che nei porno di un certo tipo si nascondano solo fantasie o che comunque non rappresentino una minaccia.

Il porno, infatti, influenza il modo in cui facciamo sesso ed è sempre più spesso lo strumento informale con cui i più giovani formano la propria educazione sessuale. Pertanto, consentire che nei siti porno siano presenti video violenti e con presunti teenager significa, anche in questo caso, normalizzare la sottomissione della donna anche in forme violente e non consensuali.

Come testimonia il libro inchiesta della giornalista Marida Lombardo Pijola Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa (2007), nei primi anni duemila, quando si diffusero i blog e i siti di messaggistica come Messenger, tra molti ragazzi delle medie e in parte del liceo iniziò uno scambio di fotografie e video di ragazze nude o seminude e anche di brevi video porno. Il materiale faceva poi il giro della scuola e talvolta era anche venduto in cambio di una ricarica, il tutto senza consenso. Quegli adolescenti sono cresciuti e sono oggi adulti. Molti di loro sono rimasti impuniti, abituandosi all’idea che la condivisione non consensuale di materiale privato non sia un male. Di fatto sono stati abituati ad abusare delle donne, a considerarle meri oggetti del proprio desiderio. Sono le stesse persone che potrebbero cercare i video di violenze, abusi o di minorenni: l’impunità, a livello culturale, è infatti la premessa per la normalizzazione degli atti di sottomissione di genere, i quali si riverberano poi anche nella produzione del materiale presente nei siti pornografici che a loro volta influenzano la sessualità degli utenti.

La risoluzione delle problematiche legate al porno è quindi una questione socio – culturale, oltre che economica, in cui è necessario essere intransigenti. Ciò non significa adottare un approccio perbenista poiché il porno può essere anche libertà sessuale e di espressione, oltre che una forma di emancipazione. Particolare attenzione dovrà poi essere dedicata ai siti stessi che dovranno andranno resi responsabili dei contenuti presenti nelle loro pagine, eliminando inoltre la presenza di utenti non verificati e dei download.


[1] I dati si riferiscono al 28 dicembre 2020.                                                     

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