Alcuni la vogliono per avere maggiore autonomia. Altri invece ne hanno bisogno per motivi di lavoro. La patente è un documento prezioso per molte persone, un “lasciapassare” per accedere ad alcune professioni. Il suo rilascio però in questi mesi ha subito una serie di rallentamenti legati al Coronavirus. Tra lockdown, zone rosse e un’incertezza che ancora persiste i ritardi si sono accumulati. A farne le spese sono le famiglie che investono, o vorrebbero investire, nella patente per i propri figli. Ma i disagi colpiscono anche gli (aspiranti) lavoratori, cioè tutte quelle persone – pensiamo ai camionisti o ai guidatori di autobus – che avevano messo in conto di poter lavorare grazie al possesso del documento color rosa. Dai consumatori si hanno poi ripercussioni economiche “a cascata”. Meno patenti, ad esempio, significa vendere meno auto. Secondo i dati dell’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), infatti, il settore dell’automotive ad aprile 2020 ha fatto segnare un crollo delle immatricolazioni rispetto allo stesso mese del 2019: – 97,5% per le auto, – 90% per i veicoli commerciali e – 62% per gli autocarri. Dati più recenti – sempre dell’Unrae – confermano una flessione delle immatricolazioni del 14% nel confronto tra gennaio 2021 e lo stesso mese del 2020.

Il settore che, comunque, ha risentito del calo delle patenti rimane quello delle autoscuole: tra lezioni bloccate, scadenze dei fogli rosa, indicazioni poco precise dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e misure anti-covid da rispettare l’intero comparto è stato gettato nel caos. 

«Ci portiamo dietro l’handicap del lockdown. Le iscrizioni hanno un po’ frenato sulla fine dell’anno. Ma il problema è l’organizzazione del lavoro perché procedendo così diventa ancora più complicata e difficile, soprattutto per clienti e allievi, che sono in attesa di questi esami sia di teoria che di pratica», spiega Fabio Acri, socio di un’autoscuola della provincia di Pisa (e protagonista del nostro podcast su Frequenza Discontinua), Le difficoltà affrontate dalle scuole guida hanno poi ricadute su chi è alla ricerca di impieghi per cui la patente è un obbligo necessario e irrinunciabile. «Pochi giorni fa mi veniva girata una comunicazione circa la richiesta di alcune figure per le guide di autobus. E devono avere già il possesso della patente. Se non ce l’hai e sei dietro a seguire il bando il titolo richiesto lo devi avere». Fabio fa poi notare che «i tempi si sono allungati di più e molte persone cominciano a pensare: “aspetto tempo migliori, tanto..”». 

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Le autoscuole in Italia sono circa 7000 e hanno 30.000 posti di lavoro tra addetti al front-office, insegnanti di teoria e istruttori di guida. 

Riguardo al numero degli allievi e all’anno 2020 «numericamente parlando siamo con un 30% in meno all’incirca. Le autoscuole sono zonali e quindi i cali possono considerarsi simili anche nei diversi territori”», racconta Fabio. Si tratta quindi di una diminuzione degli iscritti generalizzata e che riguarda tutte le scuole guida della penisola.  

Le misure messe in atto dal Governo a sostegno delle autoscuole e dei clienti non sempre sono state chiare e talvolta hanno aggravato la preesistente carenza di personale addetto agli esami alla motorizzazione. Per far fronte alle chiusure legate al lockdown e alle zone rosse e arancioni il governo ha stanziato dei bonus a molte altre categorie, ma come sottolinea Fabio sono a malapena sufficienti per non chiudere completamente in rosso il bilancio mensile. 

Va poi fatto notare che diverse Regioni – tra cui la Toscana – hanno dovuto vivere la zona rossa nel novembre 2020. Le conseguenze? Sospensione degli esami per le patenti A,B,C e D. Una misura che era stata voluta dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (MIT), all’epoca guidato dall’esponente del Partito democratico Paola De Micheli. 

«In Italia ci sono ad oggi oltre 250mila prove d’esame teorico da sostenere. Con questo stop non solo le nostre attività saranno ridotte del 50%, ma accumuleremo nuovi arretrati che ingolferanno ulteriormente l’intero sistema». Paolo Colangelo, presidente di Confarca – l’associazione che rappresenta oltre 2500 tra autoscuole e studi di consulenza italiani commentava con queste parole la decisione del Mit. Sempre Confarca da parecchi mesi ha iniziato a sollevare una questione precedente al Coronavirus ma aggravata dalla pandemia. Un problema che ci è stato confermato anche da Fabio durante il podcast: la carenza di personale addetto agli esami alla motorizzazione. 

Fabio ci racconta la carenza di personale per gli esami

In Italia gli esaminatori sono dipendenti della motorizzazione che, su base volontaria, decidono di avere anche questa mansione. Non è prevista, quindi, una figura specifica selezionata con un bando, determinando così la carenza di personale: «abbiamo esaminatori che vengono in soccorso da altre province o regioni», spiega Fabio. Un problema che riguarda tutta la penisola, con situazioni, come a Firenze, in cui addirittura i fogli rosa scadono prima che sia stato possibile fare l’esame. Ma c’è di più, perché come avverte Fabio se nessun impiegato della motorizzazione decidesse di assumersi l’incarico «in Italia non avremo più esaminatori» e quindi nessuno potrebbe prendere la patente. Uno scenario surreale ed estremizzato, ma che rende l’idea della precarietà della situazione la quale va ad aggravare la crisi legata all’emergenza Coronavirus. Avere a disposizione maggiori esaminatori in questo momento, infatti, consentirebbe di poter gestire meglio gli esami, aumentandone il numero, anche una volta che la pandemia sarà finita, riducendo l’ingolfamento delle autoscuole.

Una soluzione possibile la indica Confarca, che mesi fa ha suggerito all’ex ministra De Micheli la creazione di un albo degli esaminatori, in cui può accedere solo chi possiede determinate qualifiche, come gli ex istruttori. Anche se forse una generale riforma del sistema che regola il rilascio delle patenti sarebbe necessaria, tenendo di conto che esse sono ormai un bene essenziale per molte categorie lavorative e che i tempi lunghi di attesa, la scarsità di personale e i costi elevati possono limitare le aspirazioni, la mobilità e le possibilità lavorative. Una soluzione potrebbe essere l’individuazione di un unico standard europeo, con costi basati sulla progressività e maggior chiarezza nella selezione degli esaminatori e nelle procedure d’esame. 

A cura di Daniele Curci e Riccardo Pieroni

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