A maggio 2020, dopo la fine del lockdown, circolavano molte immagini raffiguranti diverse persone in assembramenti nei luoghi pubblici. Lontano dai riflettori, però, molte altre provavano difficoltà anche solo nell’uscire di casa: si tratta della Sindrome della Capanna.
La Sindrome della Capanna, o Sindrome del Prigioniero, si riferisce ad uno stato di smarrimento ed implica la voglia di rimanere nel luogo che si ritiene sicuro come un rifugio, capace di proteggere da qualsiasi cosa negativa che avviene all’esterno.
Il quadro sintomatologico di chi è soggetto a questo disturbo può essere associato generalmente a molteplici fattori soprattutto legati alle circostanze, come appunto un lockdown.
I sintomi più comuni sono:
- Irritabilità;
- Tristezza, paura, angoscia, frustrazione;
- Stato di letargia, stanchezza, malessere psico-fisico;
- Difficoltà di concentrazione, scarsa memoria;
- Demotivazione.
Questi sintomi, generalmente, si amplificano nel momento in cui il soggetto pensa o cerca di uscire da quello che ritiene il suo sicuro rifugio.
Tecnicamente non si tratta di un vero e proprio disturbo mentale, ma si associa ad una condizione particolare collegata ad un lungo periodo di isolamento, e attualmente può essere inserita nel disturbo depressivo. Mancando di letteratura e casistica la Sindrome della Capanna non è ancora riconosciuta completamente a livello psicologico e scientifico, ma alcuni dati ne registrano l’insorgenza in chi, in seguito ad un ricovero, ha sviluppato insicurezza, paura e ansia verso il mondo esterno.
Nella fase di intermittenza tra zona gialla, arancione e rossa in molti hanno sperimentano un eccessivo disorientamento di fronte all’idea di ricominciare a prendere contatto con l’esterno. Inoltre coloro che hanno vissuto la malattia da COVID -19 in prima persona e la successiva ospedalizzazione in terapia intensiva o sub-intensiva possono essere particolarmente esposti al rischio di presentare un vero e proprio trauma aumentando così la probabilità di sviluppare questa sindrome.
Per chi è affetto da Sindrome della Capanna, la casa rappresenta quindi il luogo più sicuro per evitare di contrarre il virus. Di conseguenza, se la routine acquisita durante il primo lockdown e successivamente dal periodo in zona rossa è stata particolarmente confortevole grazie all’equilibrio di più componenti, il dover ricominciare ogni volta che si ripresenta la zona gialla diviene complesso.
Sono molte le paure che riguardano la possibilità di interagire con il Covid-19, come ad esempio il timore che le persone care possano in qualsiasi modo ammalarsi fino ad arrivare a percepire angoscia per il futuro. Tali paure sono così invalidanti da far provare sollievo anche se si rimane confinati all’interno del proprio appartamento.
Un altro motivo di ansia si collega al fatto che le abitudini sono cambiate lasciando il posto ad una serie di limitazioni comportamentali, come l’utilizzo delle mascherine o il dover fare attenzione ad attuare il distanziamento sociale.
La Sindrome della Capanna tendenzialmente dovrebbe diminuire o sparire nel tempo, parallelamente alla normalizzazione della situazione che è all’origine della chiusura nel proprio luogo sicuro o con l’adattamento alla nuova condizione.
In alcuni casi però la difficoltà ad uscire da questo disturbo può essere maggiore: se la sindrome dovesse continuare per più di 6 mesi è, infatti, importante affidarsi ad un esperto come uno psicologo o uno psicoterapeuta che cercherà di aiutare la persona a mettere in atto strategie efficaci per affrontarla.
Fonti: Manuale di Psichiatria e Psicologia Clinica 5/ed G. Invernizzi, C. Bressi Ed. McGraw-Hill Education, 2017; Seiwright et al., 2008; Greeven et al., 2009; Hedman et al., 2010; Torsello e Dell’Erba, 2014; Atkinson & Hilgard’s, Introduzione alla psicologia, Piccin, Padova 2011; R. Senese, Sindrome della Capanna o nella Prigioniero: che cos’è?, paginemediche, 21/05/2020; Sanavio, Cornoldi, Psicologia Clinica, Bologna, il Mulino, 2001.

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Sono nato a Pontedera nel 1993, mi sono laureato in Scienze e Tecniche Psicologiche all’Università degli Studi di Padova approfondendo il tema dei disturbi di apprendimento e della salute mentale. Lavorando come Tutor di studio.
Attualmente sto studiando Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia all’Università di Firenze.
Dal 2010 ho iniziato a fare il blogger e ho avuto l’opportunità di scrivere e collaborare con molti blog e siti internet; Dal 2018 sono un Educatore che si occupa di apprendimenti.