“Mi scusi, ha mica cinque minuti per un breve sondaggio sulla letteratura?”
“Sì, mi dica”
“Quanti libri legge in un mese?”
Nonostante mi consideri un avido lettore di fronte a quella domanda non sapevo che cosa rispondere, perciò domandai a mia volta: “intende quanti romanzi? O quanti saggi? Oppure quanti libri in generale?”
“Mah guardi, credo che ai fini del sondaggio sia indifferente”.
Rimango qualche secondo un spiazzato, allorché il ragazzo mi dà un suggerimento che mi colpisce: “provi a quantificare”.
È una tendenza che si trova un po’ ovunque quella a “quantificare”, cercare di valutare misurando la scala del successo personale in base alla quantità, che nella maggior parte delle volte è l’esatto opposto della qualità. Poco dopo il sondaggio ho scoperto che nelle app per leggere gli ebook e negli e-reader ci sono i “traguardi di lettura”, la “progressione percentuale”, le ore trascorse a leggere e perfino i badge per i traguardi raggiunti. Esiste persino la casella “che tipo di lettore sei” e l’algoritmo che suggerisce i libri in base agli “interessi” rilevati, evitando che ci si possa imbattere nel nuovo, nell’imprevisto, come accade girovagando senza meta in una libreria. L’attività più inutile che esiste, la lettura, è diventata una performance.
Il motivo principale per cui leggere è inutile riguarda il fatto che la lettura è un’attività che non risponde agli interessi della maggioranza o di chi possiede il potere. Misurare e performare è invece controllare ciò che per sua natura, la letteratura, è sovversivo e libero dalle costrizioni. È scardinare la lentezza che richiede la lettura, perché lentezza è sinonimo di tempo proprio, non necessariamente andatura lenta, ma diverso da quello della maggioranza, di comprensione. È inaridimento intellettuale perché per rispettare gli standard il tempo per la riflessione si assottiglia. Mettersi in discussione è ancora più difficile, nonostante la letteratura sia l’incontro in un paese che è al di là delle proprie aspettative, perché per centrare l’obiettivo di lettura ciò che guida il lettore non è la curiosità, ma la conformità a ciò che già si conosce. È un mondo sempre più egocentrico, ma anche indifferente e disinteressato. Non più anarchico, ma disciplinato.
Centrare l’obiettivo, poter (di)mostrare agli altri “quanto ho letto, quanto sono stato veloce”. Dimostrare di essere all’altezza delle aspettative: un “io” che non è sinonimo di moltitudini, ma di incertezza di fronte all’ansia del tempo. Il tempo che deve essere sezionato, controllato e finalizzato, senza più sorprese. Il tempo dell’inutile, dell’arte, delle amicizie, delle scoperte: il tempo della lentezza sottratto al profitto e al successo, il tempo che si ribella all’imperativo economico. È una solitudine che nasconde un grande vuoto: quello dei grandi orizzonti che la Letteratura può contribuire a colmare e ad alimentare con nuove domande e curiosità.
© Riproduzione riservata

Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.