Il Covid – 19 sta colpendo molto duramente il Nepal, dove le vittime e i contagiati crescono di ora in ora a ritmi impressionanti. Complice la diffusione della variante indiana anche a causa della tarda chiusura delle frontiere con l’India, avvenuta poche settimane fa, per garantire ai lavoratori transfrontalieri di muoversi liberamente tra i due paesi.

Molti ospedali hanno cominciato a rimandare indietro i pazienti perché non hanno più posti letto e gli strumenti necessari per garantire l’assistenza. Le famiglie più ricche hanno iniziato a prenotare gli elicotteri per spostare i propri cari nelle città dove si trovano ancora dei letti liberi. Uno dei problemi maggiori è la carenza di bombole di ossigeno: in molte strutture ospedaliere sono finite.

Nonostante la situazione critica, il governo del Nepal non ha voluto chiudere la stagione delle spedizioni commerciali – le spedizioni commerciali sono dei viaggi organizzati a tal punto da garantire ai propri clienti, non necessariamente avvezzi all’alpinismo, la conquista della vetta degli ottomila. Quest’anno il Ministero del turismo ha rilasciato la cifra record di 408 permessi di salita.

Da un lato le spedizioni commerciali sono l’unico strumento di sussistenza – ma non di guadagno – per molti nepalesi. Per il governo significa entrate per 2 miliardi di dollari e per gli organizzatori delle spedizioni commerciali buoni profitti. Nonostante il turismo generi un indotto così redditizio il Nepal è uno dei paesi più poveri dell’Asia. Proprio la sua condizione economica è in parte la causa della carenza di bombole di ossigeno e dell’assenza di una rete ospedaliera più adeguata per far fronte alla diffusione del virus. Il che pone di fronte alla situazione in cui ricchi turisti possono pagare cifre relativamente alte per salire sulle vette degli ottomila, utilizzando le bombole per far fronte alla carenza di ossigeno dell’alta quota. Il tutto mentre in Nepal un gran numero di cittadini rischia la morte a causa delle poche bombole a disposizione. C’è da dire che i cilindri utilizzati dagli alpinisti sono più piccoli rispetto a quelli che si trovano nelle terapie intensive. Tuttavia le bombole usate sull’Everest possono essere usate da chi non ha trovato posto negli ospedali, quindi da chi viene assistito da casa. Difatti il governo nepalese ha chiesto alle spedizioni commerciali di riportare le bombole di ossigeno e consegnarle alle autorità che provvederanno a riempirle e ad assegnarle a chi ne avrà bisogno. Si stima che nella sola prima settimana di giugno verranno consegnate circa 4000 cilindri.

La diffusione del virus, comunque, è così ampia che esso è arrivato persino al campo base dell’Everest e di altri ottomila, diffondendosi tra i clienti delle spedizioni commerciali che sono quindi stati portati negli ospedali, sottraendo loro malgrado posti letto ai nepalesi. Una situazione che si sarebbe potuta evitare chiudendo la stagione e cercando di trovare degli accordi con i paesi limitrofi per garantire la sussistenza a tutte quelle famiglie che dipendono dalla stagione turistica – un problema da non sottovalutare perché l’anno scorso, con la stagione andata a vuoto per la pandemia molti lavoratori della montagna erano in una condizione tale da dover ricevere il riso dal governo per sopravvivere.

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