Per molti commentatori italiani le elezioni regionali francesi, il cui secondo turno si è svolto domenica scorsa, sono state una netta sconfitta di Emmanuel Macron e di Marine Le Pen. Solo una parte di questa affermazione è vera: il partito di Le Pen, il Rassemblement National, è effettivamente uscito sconfitto dalla competizione elettorale. Il cui vero vincitore è stato l’astensionismo a più del 65%. Un altro elemento da osservare con attenzione è stata la rielezione (scontata) di Xavier Bertrand in Hauts-de-France con il 53% dei voti. Bertrand, ex ministro ed ex membro del partito di centro destra Les Républicains, ha già annunciato la sua candidatura alle presidenziali del 2022.
Tutto questo non parla necessariamente di come saranno le presidenziali del prossimo anno. Ma qualche indicazione la danno.
Partiamo dall’astensionismo: si replicherà anche nel 2022? Probabilmente no. Questo perché le elezioni presidenziali tendono a motivare molto di più l’elettorato. Difatti secondo molti francesi il voto delle regionali, differentemente dalla presidenziali, viene considerato quasi inutile perché non avrebbe una reale incidenza sulla loro vita. C’è però da tenere conto che molti elettori si sentono demotivati, in particolare quelli del Rassemblement National che sfiorano la vittoria praticamente in ogni competizione elettorale. Un problema che Marine Le Pen non deve sottovalutare anche se certamente la sconfitta non è da attribuire solo alla delusione nelle performance elettorali, ma anche al processo di normalizzazione del partito che avrebbe finito per fargli perdere la carica estremista che lo caratterizzava. Tutto questo spiega perché Le Pen è la grande sconfitta di queste elezioni e perché non dobbiamo sorprenderci dell’astensionismo.
Ma spiega anche perché Macron, nonostante le apparenze, possa vantare almeno una piccola vittoria. Chi segue la politica francese da vicino sa che la candidatura di Emmanuel Macron alle presidenziali del 2017 si contraddistinse per la sua forte critica ai partiti tradizionali e per una strategia che potremo definire divide et impera: frammentare il campo avversario, cercando di far implodere dall’interno i partiti (come successo ai Républicains). Il fatto che Le Pen non abbia sfondato può essere dovuto anche alla strategia di Macron che in questi mesi ha cercato di far apparire il Rassemblement National come un partito normale, appropriandosi di alcuni temi tradizionalmente lepenisti – e in questo spostando a destra il proprio movimento – rovesciando così le accuse di lassismo verso la sua avversaria.
C’è un altro aspetto da tenere di conto: Macron non si identifica nelle logiche tradizionali secondo cui per vincere alle presidenziali e governare è necessario radicarsi nel territorio e avere esponenti del proprio movimento eletti nelle cariche locali. È vero che En Marche! ha provato in questi mesi a concretizzare questa operazione. Ciò detto bisogna comunque tenere di conto che per i macronisti non è una precondizione necessaria: Macron è infatti convinto di poter vincere di nuovo anche senza l’elemento locale, perché quel che conta è la fiducia che l’elettorato ha in lui – anche se i limiti di questo pensiero sono evidenti, cioè scarso polso della situazione sul territorio, come dimostrato anche dalle proteste dei gilet gialli.
Xavier Bertrand è un’incognita: ad oggi è difficile dire se possa costituire veramente una minaccia per Macron. Molto dipenderà anche dal fatto se i Républicains decideranno di allearsi con Bertrand . Ma non è detto che questa alleanza funzioni: come già detto le regionali sono una cosa, le presidenziali un’altra e in quest’ultimo caso conta molto la personalità del candidato e Macron viene dato in crescita costante negli ultimi sondaggi.
A tutto questo è necessario sommare due ulteriori variabili. La prima è che l’entourage di Macron starebbe valutando l’ipotesi per la creazione di un partito aiuto al presidente che riunisca tutti i vari partiti e movimenti che lo sostengono e che potrebbe includere anche esponenti o fuorusciti dei Républicains. La seconda è che il sistema elettorale francese prevede il ballottaggio tra i primi vincitori del primo turno delle presidenziali. Una sfida a due in cui tradizionalmente i vari partiti fanno convergere i voti del proprio elettorato in favore del candidato non lepenista. Detto in altre parole è molto probabile che Le Pen arrivi al secondo turno delle presidenziali e che la sfida sia ancora contro Macron e che, in tal caso, i partiti sconfitti al primo turno inviteranno i propri elettori a votare Macron per non far vincere Le Pen.
Cosa rimane da dire: tutto sommato non si è trattato di elezioni sorprendenti. Le regionali hanno infatti confermato gli “uscenti”: la sinistra ha visto rinnovato il mandato nelle cinque regioni in cui governava, lo stesso dicasi della destra che vince in sette regioni, e della Corsica dove al primo posto si confermano gli autonomisti.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.