Alcuni eventi traumatici e stressanti possono comportare difficoltà nel vivere la quotidianità. Molti si ricorderanno il film Rambo (1982) o la storia di Chirs Kyle, il cecchino americano protagonista del film American Sniper (2014) di Clint Eastwood impersonato da Bradley Cooper. Entrambi i personaggi, al ritorno da un conflitto, non riuscivano a “reinserirsi” nella quotidianità. Si tratta del Disturbo da Stress Post Traumatico, una patologia che in verità colpisce non solo i militari ma anche le persone comuni.
Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD, in inglese post-traumatic stress disorder) è causato da un evento particolarmente traumatico caratterizzato da un forte impatto emotivo in cui il soggetto è in pericolo di vita o percepisce la vita dei propri cari come in pericolo. Tra le varie cause del PTSD ci sono anche le violenze sessuali, le catastrofi naturali, i rapimenti, le guerre e così via.
Il disturbo è stato diagnosticato inizialmente nei reduci dalla guerra del Vietnam. Ad oggi un gran numero di essi è vittima del PTSD, complice anche il fatto che, rispetto al passato, un numero maggiore di soldati riesce a sopravvivere nonostante gli incidenti che occorrono durante le operazioni. L’essere “sopravvissuti” a tali eventi è spesso una delle cause del disturbo.
Anche i civili, le persone comuni, possono essere vittima del disturbo da stress post traumatico. I tassi di prevalenza del PTSD variano notevolmente a seconda degli studi. Negli Stati Uniti, il DSM riporta che il disturbo colpisce il 5% degli uomini e il 10% delle donne e può manifestarsi a qualunque età, sebbene i bambini e gli anziani siano più vulnerabili. Nella popolazione generale, i bambini presentano un tasso di prevalenza del PTSD pari al 16,6%. Di contro, uno studio del 2008 effettuato in Europa ha rilevato una percentuale del 1,1% di PTSD negli adulti. Le percentuali sono più elevate nelle popolazioni fortemente esposte a situazioni ripetutamente traumatiche, le persone che vivono in zone di guerra, in cui le stime variano tra il 10% e il 40%. O ancora, il PTSD ha un’elevata prevalenza negli adulti sopravvissuti ad abuso fisico e sessuale durante l’infanzia con percentuali che variano dal 37% al 44%. Questi dati risultano particolarmente allarmanti se si considera che, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 7-36% delle bambine e il 3-29% dei bambini sarebbe stato soggetto a una violenza sessuale.
I risultati dell’European Study of the Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD), uno studio condotto su iniziativa dell’OMS in diversi paesi europei, tra cui l’Italia, hanno mostrato che più della metà della popolazione italiana (56,1%) è stata esposta ad almeno un evento traumatico, con un rischio di sviluppare un PTSD che va dal 12,2% per gli eventi legati alla guerra allo 0,8% per la violenza sessuale. Va notato che, mentre i tassi di esposizione e rischio di PTSD per eventi come incidenti e perdite personali fossero in linea con gli equivalenti europei, quelli relativi alla violenza sessuale risultavano pari a quasi la metà rispetto al resto del campione ESEMeD. Questo dato va interpretato con cautela, poiché potrebbe riflettere una sottostima del fenomeno sul territorio italiano. In Italia dati ISTAT (2015) rivelano che la maggior parte delle donne abusate in famiglia e/o dal proprio partner incontri significative difficoltà nel denunciare e nel chiedere aiuto.
La manifestazione clinica del PTSD è piuttosto variabile. In molti soggetti si manifesta con sintomi relativi alle dimensioni dell’ansia e della paura, mentre in altri può manifestarsi con l’esternalizzazione della rabbia, la dissociazione, l’incapacità di provare soddisfazione, l’appagamento o l’interesse (anedonia), o con una combinazione di tali sintomi. Pertanto il quadro clinico che deriva dal disturbo da stress post-traumatico può essere caratterizzato da diversi elementi:
- I cosiddetti sintomi intrusivi, cioè quando il paziente rivive l’evento con flashback o allucinazioni durante il giorno, oppure con incubi durante il sonno in cui rivive l’evento traumatico.
- Evitare le situazioni che possono essere associate al trauma e che provocano malessere. Tra questi sintomi è anche l’amnesia psicogena, cioè la difficoltà di ricordare importanti aspetti del trauma.
- Distacco emotivo dall’ambiente quotidiano con anedonia, apatia, abulia, depersonalizzazione affettiva o numbling, cioè una paralisi emozionale-affettiva caratterizzata da un senso di intorpidimento ed insensibilità verso il mondo circostante. Ad esempio non provare alcuna emozioni durante la quotidianità.
- L’ipervigilanza che comporta difficoltà ad addormentarsi, irritabilità, iperallerta, esagerata risposta agli stimoli, disturbi di concentrazione/memoria.
Lo stato di “ipervigilanza” consegue alla perdita della normale capacità di modulazione del grado di risposta agli stimoli da parte del sistema nervoso, cosicché il paziente risponde a stimoli lievi con reazioni spropositate al contesto. Si sente continuamente sul “filo del rasoio”, teso, come se stesse per succedere qualcosa di terribile, vive come se fosse ancora minacciato dall’agente stressante. Possono riscontrarsi irritabilità, scoppi d’ira ed esplosività, insonnia, difficoltà di concentrazione e della memoria di fissazione.
Per poter effettuare le diagnosi, in base al DSM 5 – il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali più utilizzato da psichiatri, psicologi e medici di tutto il mondo, sia nella pratica clinica sia nell’ambito della ricerca, redatto dall’American Psychiatric Association – è necessario che il paziente sia stato esposto all’evento traumatico in maniera diretta oppure in maniera indiretta, ad esempio venendo a conoscenza che una persona vicina ha subito un evento traumatico, assistere alla morte traumatica di un congiunto, ricevere minacce di morte, avere gravi lesioni o subire violenza sessuale. L’esposizione può avvenire in uno o più modi.
Per la diagnosi occorre inoltre la presenza di uno o più sintomi intrusivi associati all’evento traumatico il cui esordio sia successivo all’evento stesso. Tra i sintomi intrusivi più importanti vanno segnalati: involontari ed intrusivi ricordi spiacevoli dell’evento traumatico, sogni spiacevoli in cui il contenuto o le emozioni del sogno sono collegati all’evento traumatico, flashback in cui il soggetto sente o agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando o sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico.
Occorre, infine, che il soggetto eviti in maniera persistente gli stimoli associati all’evento traumatico e che presenti alterazioni negative di pensieri ed emozioni associate all’evento. Tra questi: la difficoltà a ricordare aspetti legati all’evento traumatico dovute ad amnesia dissociativa e non ad altri fattori come traumi cranici o effetti di sostanze d’abuso, le persistenti convinzioni di colpa rispetto all’evento traumatico, il persistente stato emotivo negativo (rabbia, paura, vergogna) e sentimenti di distacco rispetto agli altri o al mondo. Devono essere inoltre presenti marcate alterazioni dell’arousal (condizione temporanea del sistema nervoso, in risposta ad uno stimolo significativo e di intensità variabile, di un generale stato di eccitazione, caratterizzato da un maggiore stato attentivo-cognitivo di vigilanza e di pronta reazione agli stimoli esterni) e della reattività associati all’evento come: l’irritabilità ed esplosioni di rabbia, il comportamento spericolato o autodistruttivo e l’ipervigilanza.
Per le persone affette da PTSD i sintomi durano più di un mese, questi provocano disagio clinicamente significativo, compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti e non attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza.
Inoltre chi è affetto da PTSD prova a ridurre l’ansia con l’abuso di alcool o altre sostanze a scopo autoterapeutico al fine di ridurre l’intensità dei sintomi e di “dimenticare” il trauma.
Ma per provare a superare in maniera più positiva il PTSD si consiglia di parlare con chi ha vissuto un’esperienza simile e con gli specialisti come psicologi e psichiatri che possono fornire strategie efficaci per superare i momenti di crisi.
Fonti: Manuale di Psichiatria e Psicologia Clinica 5/ed G. Invernizzi, C. Bressi Ed. McGraw-Hill Education, 2017; Seiwright et al., 2008; Greeven et al., 2009; Hedman et al., 2010; Torsello e Dell’Erba, 2014; Atkinson & Hilgard’s, Introduzione alla psicologia, Piccin, Padova 2011.

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Sono nato a Pontedera nel 1993, mi sono laureato in Scienze e Tecniche Psicologiche all’Università degli Studi di Padova approfondendo il tema dei disturbi di apprendimento e della salute mentale. Lavorando come Tutor di studio.
Attualmente sto studiando Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia all’Università di Firenze.
Dal 2010 ho iniziato a fare il blogger e ho avuto l’opportunità di scrivere e collaborare con molti blog e siti internet; Dal 2018 sono un Educatore che si occupa di apprendimenti.