È cosa usuale che un neoeletto presidente degli Stati Uniti confermi la scelta fatta dal suo predecessore riguardo il massimo vertice della Federal Reserve, la banca centrale americana. E così ha fatto Joe Biden con Jerome Powell, a differenza di Donald Trump che nel 2018 fu il primo presidente in quarant’anni a non confermare la scelta del predecessore. Allora alla guida della Fed era Janet Yellen, attuale Segretario al Tesoro, e venne sostituita, per l’appunto, con Jerome Powell. Il motivo dietro la scelta di Trump fu politico.
Janet Yellen era entrata a far parte del Board of Governeros (l’organo dirigente della Banca Centrale) come Vice Presidente nel 2010 grazie all’appoggio di Obama. Nel 2013 lo stesso Obama aveva proposto la sua candidatura al Senato, che deve sempre confermare il nome scelto dal presidente, come sostituta di Ben Bernanke. Divenuta presidente della Fed, Yellen proseguiva la politica monetaria adottata dal suo predecessore, mantenendo bassi tassi di interesse e la campagna di stimolo conosciuta come Quantitative Easing(QE). Nel 2015, invece, cambiò approccio: il contesto economico, secondo Yellen, era maturo per attuare delle politiche monetarie meno accomodanti e favorevoli ad un rafforzamento del dollaro. Il che significava la fine del QE ed una stretta monetaria, cioè un rialzo dei tassi di interesse.
Da un punto di vista politico-istituzionale Janet Yellen ha cercato di mantenere il suo ufficio lontano da scandali, ma soprattutto lo ha guidato in modo indipendente, nonostante la sua vicinanza al partito Democratico. Riguardo quest’ultimo aspetto la nomina di Powell suscitò, nel 2018, diversi timori riguardo l’indipendenza del nuovo governatore, espressi ad esempio dall’ex governatore della Banca d’Inghilterra Mervyn King – timori che si sono poi rivelati infondati. Oltre a ciò, Yellen appoggiava la Dodd-Franck, la legge del 2010 voluta da Obama per attuare maggiori controlli nel settore finanziario e bancario al fine di proteggere gli investitori ed evitare l’insorgere di nuove crisi come quella del 2008.[1]
Janet Yellen vanta poi dei primati: è stata la prima donna a sedere ai vertici della banca centrale americana ed è stata il primo democratico a tornare alla guida della Fed dopo trent’anni. Anche Powell vanta un suo piccolo primato: è il primo presidente della Federal Reserve a non avere un dottorato in economia – ha studiato giurisprudenza e ha poi fatto carriera nel settore finanziario.
Powell è arrivato al Board of Governeros nel 2012: come Yellen è stato nominato da Obama, che allora cercava di ottenere un compromesso bipartisan per la nomina di Jeremy Stein nel Board. Da allora Powell si è mantenuto in linea con le politiche adottate dalla presidenza Obama e da Janet Yellen, non si è opposto alla Dodd-Franck e ha sostenuto il graduale rialzo dei tassi e la fine del Quantitative Easing. Powell è considerato una figura istituzionale moderata, motivo per cui la ratifica della sua nomina, nel 2018, da parte del Senato venne salutata positivamente dai mercati. Quando venne nominato per la prima volta alla guida della Fed, Powell rappresentava infatti sia un elemento di continuità che di discontinuità. Dal punto di vista delle politiche monetarie, ha mantenuto la politica di graduale rialzo dei tassi. La discontinuità allora stava nel fatto che Powell, si pensava, non si sarebbe opposto ad una riforma della Dodd-Frank che avrebbe indebolito i poteri di controllo del suo ufficio. Tale aspetto era in linea con le promesse elettorali e il programma di Trump. Powell era quindi considerato dal Tycoon come un soggetto ideale: favorevole alla deregolamentazione ed elemento di rottura, agli occhi dei suoi elettori, con il passato obamiano. Non a caso, le senatrici democratiche Elizabeth Warren e Kamala Harris si opposero alla sua nomina – ma anche alcuni repubblicani come Marco Rubio, Ted Cruz, Rand Paul non dettero parere positivo.
Si comprende così come le ragioni dietro la nomina di Jerome Powell fossero di natura politica, di rottura con la regolamentazione voluta da Obama. In realtà Powell, come si è visto, ha corrisposto alle aspettative di Donald Trump. Non solo il governatore della Fed ha mantenuto un profilo istituzionale indipendente, ma la sua stessa istituzione, la banca centrale, non sarebbe stata in grado di assecondare il volere del Tycoon. Una banca centrale, infatti, gestisce la valuta e controlla l’offerta di moneta, cioè la quantità di denaro in circolazione e il suo costo, vigila inoltre sul sistema bancario del proprio paese.[2] Non ha però competenze legislative: queste spettano al Congresso, a meno che Trump non avesse utilizzato lo strumento dell’ordine esecutivo, con cui si “salta” il passaggio legislativo, ma non sempre è possibile usarlo. Ciononostante, avere ai vertici di una delle più importanti istituzioni del paese un uomo disposto ad andare incontro alle sue proposte rappresentava per Trump, in teoria, un vantaggio e un messaggio politico chiaro verso l’opposizione democratica e il suo stesso partito. Infatti sostituire gli uomini ai vertici delle istituzioni – azione che Trump ha intrapreso sin dai primi mesi di presidenza – garantisce una discontinuità amministrativa e culturale rispetto al passato, destinata a durare nel lungo periodo, i cui effetti li si vedono oggi con le numerose battaglie nelle corti locali per la desecretazione del materiale relativo all’assalto al Congresso del 6 gennaio scorso e su altre questioni, come l’aborto. Una discontinuità che accompagnava l’approccio unilateralista e protezionista in politica estera: Trump cercava, in questo modo, di far rientrare capitali e aziende che avevano delocalizzato sperando così di aumentare l’occupazione e di riequilibrare la bilancia commerciale, eliminando lo squilibrio tra importazioni ed esportazioni.
Una versione simile di questo articolo è stata pubblicata sull’allora blog del Centro Interuniversitario di Storia e Politica Euro Americana (CISPEA) C’era una volta l’America.
[1] Mario Del Pero, Era Obama. Dalla Speranza del Cambiamento all’Elezione di Trump, Milano, Feltrinelli, 2017, p.43.
[2] Per un esempio di vigilanza sul sistema bancario da parte della Fed rimando a questo articolo del “New York Times” relativo alle sanzioni imposte alla Wells Fargo da parte della Federal Reserve il 2 febbraio, quindi quando era ancora in carica Janet Yellen: https://www.nytimes.com/2018/02/02/business/wells-fargo-federal-reserve.html.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.