Nel 2016 la multinazionale del farmaco svizzera Novartis è diventata oggetto di un’indagine da parte degli inquirenti greci e dell’FBI. L’accusa era di aver corrotto funzionari e membri dei governi guidati da Panayotis Pikramenos e Andonis Samaras, compresi anche i due ex primi ministri, tra il 2006 e il 2015. Inoltre, tra il 2015 e il 2018 Novartis è stata al centro di accuse per corruzione negli Stati Uniti, in Corea del Sud, Cina, Vietnam e Turchia. In Grecia la vicenda è proseguita anche grazie alle rivelazioni di alcuni giornalisti che oggi rischiano fino a cinque anni di reclusione, in quella che sembra essere un’ulteriore minaccia alla libertà di stampa nel paese ellenico. Lo conferma anche Reporter Senza Frontiere: nella sua classifica sulla libertà del giornalismo la Grecia è stata declassata dal sessantacinquesimo al settantesimo posto.
Nel 2014 la Securities and Exchange Commission (SEC, è un ente federale che si occupa della vigilanza della borsa) degli Stati Uniti aveva iniziato ad indagare su delle possibili violazioni da parte di Novartis delle regole del commercio. Nel 2016 due dirigenti della sede greca del colosso farmaceutico avevano consegnato al governo statunitense documenti che indicavano come Novartis avesse corrotto più di quattromila medici operanti nel pubblico e nel privato al fine di far aumentare le prescrizioni dei propri medicinali, in particolare quelli antitumorali. Informato dei fatti da parte delle autorità degli Stati Uniti, l’allora ministro della Giustizia Stavros Kontonis presentò un fascicolo sulla multinazionale svizzera alla Corte Suprema greca, dando così avvio alle indagini. Ulteriori domande erano sorte dopo che un dirigente di Novartis aveva tentato il suicidio nella notte di capodanno del 2016: voleva gettarsi dal tetto di un hotel di Atene. Salvato, il dirigente era stato interrogato e aveva chiesto di parlare con il procuratore per i casi di corruzione, Eleni Raikou, cui era stato affidato il caso relativo alla multinazionale svizzera.
Le indagini dei PM greci, portate avanti con l’assistenza dell’FBI, sono poi proseguite per due anni, sfruttando le rivelazioni fatte da tre funzionari di alto livello di Novartis fino ad ora rimasti nell’anonimato. Nel 2018 emerse il coinvolgimento di dieci esponenti dei governi Pikramenos e Samaras e dei due ex primi ministri. Tra gli accusati, inoltre, era anche Dimitris Avramopoulos, Commissario europeo per le migrazioni tra il 2014 e il 2019. Come in Italia, anche in Grecia i parlamentari sono protetti dall’immunità. Perciò i PM presentarono i risultati dell’inchiesta al Parlamento, sottolineando che le pressioni esercitate da Novartis servirono anche per mantenere i prezzi dei medicinali ad un livello più alto del normale, così da proteggerli dalla spending review che stava attraversando la Grecia. Secondo gli inquirenti lo scandalo sarebbe costato al paese ellenico circa 3 miliardi di euro; secondo il Parlamento Europeo, dato il ruolo svolto dalla Grecia nella determinazione dei prezzi a livello europeo, le tattiche impiegate da Novartis avrebbero influenzato i prezzi dei medicinali anche negli altri Stati membri.
Dopo un dibattito infuocato durato circa venti ore, nel febbraio 2018 il Parlamento greco votò per la creazione di una commissione che avrebbe dovuto indagare sui risultati raggiunti dai pubblici ministeri. Se la commissione avesse trovato prove di attività criminali il Parlamento avrebbe votato per revocare l’immunità. Nel frattempo, per reagire alle accuse, i politici al centro dello scandalo sostennero che le indagini fossero state montate del governo Tsipras per criminalizzarli e, quindi, delegittimarli di fronte all’opinione pubblica – il paese andava verso le elezioni del 2019.
Ad aprile 2018 la Commissione parlamentare preposta alle indagini sul caso Novartis e il Parlamento annunciarono di non ritenersi competenti nella materia, rimettendo così la responsabilità delle indagini alla magistratura – tali decisioni sono state prese con le astensioni di Nuova Democrazia, il partito di Pikramenos e Samaras, quindi con i voti favorevoli di Syriza che allora era il partito di governo. Mentre quindi il Parlamento avrebbe votato di volta in volta se revocare l’immunità ai politici indagati, a luglio si insediava il nuovo governo guidato dal premier Kyriakos Mitsotakis, esponente di Nuova Democrazia, il partito cui appartengono i politici coinvolti nello scandalo Novartis. A questo punto la vicenda si complica ulteriormente, testimoniando la politicizzazione del caso. A settembre una coalizione guidata da Samaras denunciò Tsipras e il suo ministro della Giustizia, Dimitris Papangelopoulos, accusandoli di aver montato un caso politico con prove false. Ad ottobre del 2019 il Parlamento autorizzava la magistratura ad aprire un’indagine su Papangelopoulos, dopo che nei mesi precedenti l’ex procuratore per i casi di corruzione in Grecia, Eleni Raikou, e il procuratore generale della Corte Suprema, Ioannis Aggelis, avevano accusato l’ex ministro di avere tentato di manipolare il lavoro degli inquirenti. Nel luglio 2020 i risultati delle indagini portano il Parlamento a dare parere favorevole per accusare formalmente Papangelopoulos e l’ex Procuratore per la corruzione, Eleni Touloupaki, che aveva sostituito Raikou dopo le sue dimissioni nel 2017. Entrambi sono accusati di abuso di potere. Nel frattempo le accuse mosse ai politici di Nuova Democrazia coinvolti nello scandalo erano cadute, nonostante a giugno 2020 Novartis avesse ammesso alle autorità statunitensi di avere corrotto diversi medici in Grecia, Corea del Sud, Cina e Vietnam, accettando di pagare 347 milioni di dollari per aver violato la legge statunitense sulle pratiche di corruzione all’estero. In agosto la casa di Touloupaki venne vandalizzata in quello che, secondo il magistrato, era “un messaggio per tutti i pubblici ministeri e giudici che hanno combattuto contro la corruzione negli ultimi anni”. L’irruzione sarebbe avvenuta nonostante la polizia avesse l’obbligo di vigilare sull’abitazione, ma al momento dell’irruzione pare non fosse presente.
La dichiarazione di Touloupaki sembra trovare conferma nelle accuse mosse contro due giornalisti che in questi anni si sono occupati del caso Novartis – ma anche di altri casi di corruzione che hanno riguardato politici greci e non, tra cui lo stesso primo ministro Mitsotakis. Accuse che sono state mosse dalla Commissione nata per indagare sull’ex ministro Papangelopoulos che ha poi esteso la sua attenzione verso alcuni media che hanno pubblicato informazioni su Novartis.
Gianna Papadakou è una giornalista conosciuta in Grecia per delle inchieste che hanno riguardato la “Lista Lagarde”. Nella lista erano raccolti migliaia di nomi di presunti evasori fiscali, tra cui l’allora direttrice del Fondo Monetario Internazionale e diversi tra i più ricchi cittadini greci, che avrebbero avuto dei conti segreti nella filiale ginevrina di HSBC. Da allora Papadakou è stata oggetto di diverse accuse e querele, tra cui una intentata da un tribunale di Londra. A dicembre è stata citata in giudizio dalla Corte speciale per la sua copertura del caso Novartis e per le sue inchieste sulle evasioni fiscali.
Kostas Vaxevanis è un giornalista ed editore di Documento, quotidiano a diffusione nazionale di sinistra. In questi anni è stato al centro di numerose polemiche e accuse. È colui che ha divulgato i nomi della lista Lagarde, venendo così denunciato dalle autorità; l’anno scorso ha pubblicato una lettera in cui alcuni poliziotti smentivano la storia, pubblicata da Documento e dal quotidiano Efimerida ton Sintakton, riguardante l’arresto arbitrario e il pestaggio di un esponente di un collettivo anarchico. Vaxevanis ha pubblicato anche le firme degli agenti i quali lo hanno denunciato per violazione della privacy, così che il direttore di Documento ha visto emettere un mandato di arresto nei suoi confronti – mandato che non è poi stato eseguito. Ad aprile Vaxevanis ha dichiarato, con una lettera pubblica, di temere per l’incolumità della propria vita. All’epoca l’editore di Documento aveva pubblicato diversi articoli su Menios Fourthiotis, presentatore televisivo vicino ad alcuni esponenti di governo e al centro di alcune vicende poco chiare. A fine aprile 2021 Vaxevanis è stato messo sotto scorta e Fourthiotis è stato arrestato. A gennaio di quest’anno anche il direttore di Documento è stato citato in giudizio dalla Corte speciale per le sue rivelazioni sul caso Novartis.
Papadakou e Vaxevanis vengono accusati di organizzazione criminale, violazione delle linee professionali e cospirazione per abuso di potere perché secondo l’accusa i giornalisti avrebbero usato la loro posizione per criminalizzare gli esponenti dei governi Pikramenos e Samaras. Secondo l’accusa, inoltre, Documento sarebbe stato usato dall’allora ministro della giustizia Papaggelopoulos per denigrare gli avversari politici conservatori. Entrambi i giornalisti rischiano di essere incriminati anche in base all’emendamento del Codice Penale approvato a novembre del 2021, nonostante le critiche mosse da diverse organizzazioni, tra cui Reporter Senza Frontiere (RSF), per la minaccia che costituirebbe alla libertà di stampa. Cercando anche di contenere il diffondersi di false notizie nel contesto pandemico, l’emendamento ha esteso la definizione di falsa informazione, rafforzando inoltre le pene per chi commette questo reato. In particolare la diffusione di notizie che possano causare preoccupazione tra i cittadini e turbino la fiducia nell’economia, la difesa o la salute pubblica sono punite con la reclusione da tre mesi a cinque anni. Le sanzioni si applicano anche ai proprietari e ai direttori dei media che pubblicano le notizie. Il riferimento alla salute pubblica è una novità rispetto al passato e come ha sottolineato anche RSF il provvedimento va inquadrato nel più ampio contesto di repressione della libertà di stampa in Grecia.
Secondo quanto riferitoci da Vaxevanis, le accuse mosse contro di lui in relazione al caso Novartis sarebbero l’ultimo atto di una serie di tentativi di far chiudere Documento iniziati con l’insediamento del governo Mitsotakis. Secondo (PER) l’editore del quotidiano ciò sarebbe dovuto alle inchieste e alle rivelazioni fatte da Documento in questi anni, così come al fatto che “Documento aveva svelato aspetti sconvolgenti dello scandalo Novartis in Grecia. Un lato dello scandalo è che il premier [Samaras] fosse un conoscente stretto del protagonista dello scandalo Novartis, Konstantinos Frouzis”, afferma Vaxevanis riferendosi al legame emerso tra l’ex premier e il vertice della multinazionale in Grecia. Secondo l’editore, inoltre, l’accusa mossa contro di lui “non è l’unico atto diretto contro la libertà di stampa in Grecia, ma è il più provocatorio.”
Dall’insediamento dell’attuale governo gli scandali e le accuse riguardanti pressioni e limitazioni alle attività giornalistiche si sono susseguite quasi senza tregua. Le accuse rivolte al governo riguardano anche l’aumento della violenza da parte della polizia sia per contenere le contestazioni, sia rivolte verso i giornalisti. All’inizio del 2021, inoltre, era stata redatto un provvedimento che voleva limitare la presenza nei cortei dei reporter assegnandoli una zona delimitata dove poter sostare. Diversi sono i giornalisti che hanno testimoniato, affermando che nonostante il provvedimento non sia in vigore la libertà di movimento e la possibilità di lavorare senza interferenze si è ridotta, con notevoli difficoltà per chi vorrebbe documentare la situazione dei campi profughi. Tra le testimonianze riportate alcune riguardano anche le pressioni da parte dei vertici di ERT, l’emittente nazionale greca, verso i propri giornalisti per non dare risalto alle notizie riguardanti i profughi e gli scandali che hanno coinvolto alcuni membri del governo, una prassi seguita anche da alcuni media filo governativi. Pressioni esercitate anche con l’impiego di denaro pubblico, come testimoniato dallo scandalo della “Lista Petsas” – dal nome del portavoce del governo Stelios Petsas. Come è effettivamente emerso, nel 2020 il governo ha stanziato circa 20 milioni per una campagna di sensibilizzazione sul coronavirus, ma a beneficiare dei fondi sono stati solamente i media vicini al governo. Ad aprile dell’anno scorso il giornalista Giorgos Karaivaz è stato freddato con dei colpi di pistola di fronte all’ingresso di casa. È il secondo omicidio di un giornalista in dieci anni e come è stato rilevato da alcune dichiarazioni ciò sarebbe sintomatico del clima sfavorevole alla stampa in Grecia.
Il 13 gennaio la Federazione Panellenica del Sindacato dei Giornalisti ha rilasciato un comunicato di sostegno a Papadakou e Vaxevanis, sostenendo di guardare con preoccupazione ai crescenti attacchi e alle azioni legali nei confronti dei giornalisti greci perché queste rischiano di minare il diritto all’informazione da parte dei cittadini.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.