Proseguiamo con gli approfondimenti dedicati al mondo delle biblioteche: un ambito fondamentale per la crescita della persona e di un paese; ma anche un ottimo strumento per abbattere la disinformazione e le barriere di genere. Ci teniamo a ringraziare l’autrice di questo articolo: Beatrice Pallotta Fornaroli, bibliotecaria che si occupa di letteratura per l’infanzia e ragazzi. Collabora con scuole, centri culturali e musei per promuovere la lettura. Fa parte dell’Osservatorio editoriale Nati per Leggere e collabora con la redazione NpL della sezione lombarda.

Quando ho iniziato a pensare a questo articolo, a cosa fosse più importante raccontare delle biblioteche italiane a chi è estraneo a questo argomento, mi sono imbattuta in un post Instagram di Amanda Lind. Per chi non la conoscesse, la Lind è stata dal 2019 al 2021 ministra alla Cultura e alla Democrazia in una coalizione sostenuta da socialdemocratici e verdi, in Svezia. Lo scorso novembre, l’esecutivo Löfven III è caduto, ed il post in questione era un commiato dal suo incarico ministeriale. Ciò che mi ha stupita, è che la Lind si fosse soffermata a parlare di biblioteche. Non era certo una novità, nel corso del suo ministero le biblioteche sono state uno dei temi cardine; eppure, anche rileggendo le sue parole continuavo a esserne sorpresa. Per quale motivo, vi chiederete. Vi rispondo a mia volta con una domanda: quante volte i nostri ministri della Cultura sono intervenuti parlando di biblioteche? Quanto spesso vi accade di leggere sui quotidiani o di sentire ad un notiziario un servizio sulle biblioteche?  Se vi soffermate a riflettere, neppure durante quei giorni in cui seguivamo incollati agli schermi dei nostri televisori le conferenze stampa dell’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sull’ultimo Dpcm, con i passaggi di colore e il relativo significato che avrebbero avuto sulle nostre vite, ecco neppure in quei giorni abbiamo mai sentito la parola biblioteca.

Dopo aver letto il post della Lind, mi sono domandata se potesse essere interessante scrivere non solo delle biblioteche italiane, ma anche di quelle svedesi. Fare paragoni è rischioso, si può finire per semplificare e impoverire la complessità delle cose. Tuttavia, a conti fatti, penso che questo parallelismo ci possa essere utile.

Le biblioteche italiane si dividono in diverse categorie. Abbiamo le biblioteche pubbliche e quelle private, noi ci occuperemo solo delle prime. Tra quelle pubbliche figurano le biblioteche delle università, sotto il Ministero dell’Università e della Ricerca; le 46 biblioteche pubbliche statali appartenenti al ministero della Cultura; infine, le più diffuse: le biblioteche pubbliche legate agli enti locali.

La diffusione delle biblioteche pubbliche comunali non è omogenea sul territorio. Mentre nel Centro-Nord la loro diffusione è capillare, anche paesi con poche migliaia di abitanti hanno una biblioteca aperta almeno una manciata di ore a settimana. Nel Sud la situazione è differente, e non mancano centri con decine di migliaia di abitanti privi di una biblioteca pubblica sul territorio. Così si osserva anche per i sistemi bibliotecari, ben organizzati e diffusi nel Centro-Nord, assenti o poco strutturati nelle regioni a Sud.

Il sistema svedese non è differente da quello italiano, con una divisione delle biblioteche tra statali e di ente locale, e l’organizzazione di queste all’interno di sistemi bibliotecari. La differenza principale risiede nella capillare presenza delle biblioteche su tutto il territorio nazionale, nell’alta qualità dei luoghi in cui sono site e nella loro esauriente attività.

Questo perché in area scandinava alla biblioteca viene assegnato un grande valore all’interno della comunità, come risulta evidente dalle parole della Lind, che riconosce loro un «ruolo molto centrale […] perché stimolano e suscitano interesse alla lettura, aprono nuovi mondi e sono luogo di incontro per la nostra società democratica». Questo si concretizza con un investimento economico nel settore, non superficiale come quello italiano, ma strategico e programmatico.

In Italia, nel 2020 e poi nuovamente nel 2021, con il decreto Franceschini il MiC ha stanziato 30 milioni di euro affinché le biblioteche acquistassero libri nelle librerie del loro territorio. Un provvedimento che dà una boccata di ossigeno alle biblioteche italiane, spesso a corto di fondi per lo sviluppo delle proprie collezioni. Ma anche estremamente superficiale. In un contesto in cui gli enti locali sono portati a tagliare proprio sulla cultura per far quadrare i bilanci, l’assegnazione da parte del Ministero di questi fondi ha portato tanti, troppi Comuni, a eliminare totalmente dai propri capitoli di spesa la voce destinata all’acquisto di libri. Un errore del ministro della Cultura Dario Franceschini? No, nessun errore da parte sua. L’intenzione non era quella di offrire un sostegno alle biblioteche pubbliche: le vere destinatarie del fondo erano le librerie.

Ad un paese come il nostro, dove è ampiamente diffusa la politica dei bonus e la visione della classe dirigente non va oltre l’anno corrente, si contrappone la Svezia, dove il governo ha previsto lo stanziamento di risorse da spendere all’interno di una “strategia nazionale per le biblioteche” di durata triennale. Una strategia, appunto, in cui si intende lavorare sulla digitalizzazione del patrimonio documentale, sulla promozione della lettura per le minoranze linguistiche, gli stranieri e i ragazzi, sulla formazione dei bibliotecari.

Ma è evidente che il paese scandinavo abbia compreso già da tempo il potenziale delle biblioteche come luoghi di integrazione, di superamento delle barriere, di benessere. Basti pensare che dal 2002 esiste un premio annuale intitolato alla memoria di Astrid Lindgren (conoscete Pippi Calzelunghe, no?) istituito dal governo svedese e destinato a chi opera nel campo della letteratura per l’infanzia, dal valore di 5 milioni di corone svedesi (quasi 500 mila euro). Certamente le casse svedesi sono più ricche di quelle del nostro paese; tuttavia, l’assegnare un simile premio a un autore di libri per ragazzi è la presa di coscienza che se vogliamo cambiare il mondo, se desideriamo offrire alle generazioni future una società più equa, allora bisogna investire sulle biblioteche e sui libri. È paradossale pensare che Milano, che si vanta di essere una metropoli europea, non abbia una biblioteca destinata ai ragazzi. E pensare che a Stoccolma hanno avuto addirittura la finezza di realizzare un luogo dove poter leggere, ascoltare musica, cucinare, disegnare o semplicemente rilassarsi destinato alla fascia d’età tra i 10 e i 13 anni. Si tratta di TioTretton – la traduzione letterale del suo nome è tio (dieci) tretton (tredici). Niente genitori, niente insegnanti. Uno spazio disegnato su misura per una fascia d’età particolare, di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza.

Potrei andare avanti ancora, raccontandovi del Läsråd (Consiglio di lettura), istituito dal governo nel 2021 con lo scopo di promuovere la lettura tra i bambini e i ragazzi; dell’apertura a Malmö di una biblioteca dedicata ai soli autori che sono stati soggetti a censura, repressione o costretti all’esilio; della funzionalità e bellezza delle biblioteche svedesi, dove sale strabordanti di Mac si alternano a Lab in cui è possibile utilizzare strumenti musicali, stampanti 3D e macchine da cucire.

Anche in Italia non mancano luoghi in cui si è scelto di investire sulle biblioteche, ma si tratta di casi eccezionali e comunque troppo legati agli andamenti umorali degli amministratori locali. Come dimenticare il caso de Il Pertini, la biblioteca di Cinisello Balsamo (Milano) dove è possibile prendere in prestito opere d’arte, trovarsi per lavorare a maglia o pedalare una cyclette mentre si legge l’ultima novità editoriale. Qualche anno fa, l’assessore in carica aveva soppresso uno dei gruppi di lettura della biblioteca perché aveva scelto come tema del percorso di letture quello dello straniero.  Il gruppo di lettura era stato censurato per essere “troppo elitario e aperto al confronto con nuove culture”. 

Ciò che manca in Italia è una strategia programmatica di sviluppo e innovazione delle biblioteche. In questi anni, gli unici investimenti fatti sulla cultura sono stati quelli destinati a opere che potenziassero e rendessero attrattivo il nostro paese per il turismo. Forse è necessario fermarsi un attimo e spostare lo sguardo – e gli investimenti – anche sul benessere della nostra comunità.

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