Stando ai dati Istat sul gioco d’azzardo, la spesa complessiva degli italiani è raddoppiata nel quinquennio dal 2011 al 2016. Non sempre il trend è stato costante: basti pensare che nel 2014 gli italiani hanno speso nel gioco molto meno rispetto al passato. In seguito, però, da una cinquantina di miliardi di Euro investiti nel gioco nell’arco di 12 mesi, si è arrivati a superare quota 100. Una percentuale dei ricavi delle sale di gioco finisce nelle tasche dell’erario pubblico, ma la somma che viene effettivamente persa dai giocatori è considerevole. L’avvento del digitale, complice la diffusione degli smartphone e dei vari dispositivi portatili, ha accelerato l’espansione del fenomeno: i stima che un giocatore italiano abbastanza abituale spenda sui 2.000 Euro all’anno.

Il gioco d’azzardo è, quindi, un fenomeno che coinvolge una larga fetta della popolazione del nostro Paese. Una situazione che è peggiorata con l’avvento della crisi economica del 2008/2009 quando in molti hanno cercato una soluzione immediata ai problemi economici affidandosi al gioco. Anche il DSM 5 cioè il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali utilizzato dalla maggior parte di medici e psicologi come principale riferimento per la propria attività clinica e di ricerca, include il gioco d’azzardo, nella sua forma patologica tra le dipendenze. Invece i Ser.T (servizi pubblici del Sistema Sanitario Nazionale italiano (SSN), dedicati alla cura, alla prevenzione e alla riabilitazione delle persone che hanno problemi conseguenti all’abuso ed alla dipendenza di sostanze psicoattive come droghe o comportamenti compulsivi) si occupano in maniera crescente di questa patologia come testimonia il libro blu del 2020.

Il gioco d’azzardo è da sempre fenomeno diffuso, ma oggi è divenuto ancora più accessibile, oltre ai motivi precedentemente citati, per via del crescente (almeno fino al 2020 secondo i dati Istat) numero di sale giochi, bingo e via dicendo. Ma non solo: anche la facilità di reperibilità dei gratta e vinci e l’accessibilità dei siti internet specializzati hanno fatto la loro parte.

Al fine di poter effettuare una diagnosi del gioco d’azzardo in base ai criteri del DSM 5 occorre che il soggetto giochi in maniera persistente con disagi crescenti. Inoltre devono essere presenti almeno quattro condizioni tra le seguenti: 

  • Bisogno, per giocare d’azzardo, di quantità crescenti di denaro per ottenere l’eccitazione desiderata.
  • Irrequietezza ed irritabilità o ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di giocare.
  • Preoccupazione ricorrente o giocare quando ci sente a disagio. 
  • Dopo aver perduto denaro al gioco, spesso il soggetto torna un’altra volta per ritentare o ricorrere alle menzogne per occultare il suo coinvolgimento.
  • Comportamenti attraverso i quali il soggetto in pericolo perde una relazione significativa oppure il lavoro o l’opportunità di studio e di carriera a causa del gioco d’azzardo. Ma si registra anche la condizione di voler contare sugli altri per procurarsi il denaro necessario a risolvere le situazioni provocate dal gioco. 

In sostanza la caratteristica essenziale del disturbo è un comportamento disadattivo persistente o ricorrente, che sconvolge le attività familiari, personali e professionali.

Generalmente vi è una progressione della frequenza del gioco d’azzardo, delle somme scommesse e dell’eccessiva dedizione al gioco e alla ricerca di denaro da usare. L’impulso e l’attività aumentano durante periodi di stress o depressione. Sono state descritte quattro fasi che tipicamente attraversa il giocatore d’azzardo, giungendo progressivamente alla perdita di controllo. Il giocatore non le percorre con regolarità assoluta – visto che intervengono fattori individuali – tuttavia le seguenti fasi corrispondono ad un’esperienza di comune osservazione scientificamente accertata.

  1. “Fase vincente” (durata di tre-cinque anni): il gioco è occasionale, un’attività che serve a divertirsi. Le vincite poi sono frequenti. Il giocatore sente di guadagnare soldi facilmente e decide quindi di aumentare il tempo e il denaro impiegato nelle scommesse. Non di rado durante questa fase si ottiene una vincita quantitativamente importante. In questa fase si sviluppa il “pensiero magico”, cioè una sorta di autoconvinzione di poter padroneggiare il meccanismo del gioco e la fortuna. Aumenta inoltre l’eccitazione legata al gioco. I giocatori sperimentano poi una grande energia, una notevole concentrazione sul gioco e sono interessati alle strategie tipiche del giocare d’azzardo. Molti attribuiscono le vincite iniziali alla loro destrezza più che alla fortuna. Numerosi giocatori traggono dal gioco d’azzardo una notevole quota della loro autostima e fanno affidamento su di esso come aiuto per gestire le delusioni ed i cattivi umori.
  2. “Fase perdente”: le fantasie di vittoria, l’illusione di controllare il gioco e di poter evitare le conseguenze negative, i rinforzi ricevuti dalle vincite e il piacere connesso al gioco, conducono il giocatore a investire sempre più tempo e denaro nella scommessa ed entrare così in questa fase, in cui sono frequenti episodi di perdite, gioco solitario e progressivo incremento delle scommesse per recuperare ciò che si è perso. Il giocatore, infatti, convinto che sia solo un momento sfortunato, torna a scommettere nel tentativo disperato di recuperare il denaro.
  3. “Fase della disperazione”: è il momento in cui si perde il controllo degli eventi e si arriva al punto di commettere azioni illegali per procurarsi il denaro. I reati più frequenti sono la falsificazione di assegni, la frode fiscale, l’appropriazione indebita e l’emissione di assegni a vuoto. Il giocatore è ancora fiducioso nella possibilità di incassare la grande vincita, nel frattempo si distacca sempre di più dalla famiglia e dagli amici.
  4. Fase del crollo”: Il giocatore si trova sommerso da problemi di tipo legale, lavorativo e relazionale; spesso insorgono depressione, stress, pensieri e tentativi di suicidio.

Se il giocatore percepisce di essere in uno stato di gravi difficoltà ed è in grado di chiedere aiuto può iniziare un percorso graduale di ripresa. In altro caso, spesso è la famiglia che si reca da un esperto perché si prenda cura del problema. Lo statunitense Robert Custer – noto psicopatologo e studioso del gioco d’azzardo come psicopatologia – nel 1982 descrisse il processo di cura del giocatore patologico come un passaggio attraverso altrettante fasi rispetto a quelle descritte precedentemente. Lo studio le definì fasi critiche, di ricostruzione e di crescita. Si giungerebbe in tal modo ad un cambiamento dell’assetto psicocomportamentale dell’individuo, che gli consentirebbe di superare la dipendenza da gioco.

Molti pazienti affetti da disturbo da gioco d’azzardo affermano che esistono alcune forme di gioco più problematiche rispetto ad altre, anche se generalmente i pazienti fanno ricorso a più giochi. Come ad esempio l’acquisto quotidiano dei “gratta e vinci” o le ore passate davanti alle slot-machine piuttosto che il black-jack al casinò tutte le settimane. La frequenza del gioco d’azzardo può essere correlata più al tipo di attività che alla gravità complessiva del disturbo.

Per esempio, acquistare un singolo biglietto “gratta e vinci” ogni giorno può non essere problematico, mentre una minor frequenza di casinò può essere parte di un disturbo da gioco d’azzardo. In modo simile, la quantità di denaro spesa nelle scommesse non è di per sé indicativa del disturbo: alcuni soggetti possono scommettere migliaia di euro al mese e non avere problemi di gioco d’azzardo mentre altri possono utilizzare quantità molto più piccole ma fare esperienza di sostanziali difficoltà correlate al gioco. Questo dipende da persona a persona e in base a fattori biologici, psicologici e ambientali.

Gli studiosi che si sono occupati del problema hanno proposto di collocare le condotte di gioco entro un ideale continuum: ad un estremo gli individui che praticano l’azzardo in forme socialmente adeguate, mentre dall’altra parte i giocatori devianti che esibiscono comportamenti persistenti e maladattivi, tali da compromettere la loro vita personale, familiare e professionale. Risulta quindi possibile pertanto distinguere tre macro-categorie di giocatori d’azzardo, ognuna con specifiche caratteristiche:

  • Giocatori sociali: spinti dal desiderio di vincere e attratti dal rischio, sono in grado di smettere di giocare in qualunque momento. Essi infatti considerano il gioco come un sollievo dallo stress e dalla routine quotidiana, sia come fonte potenziale di danni economici, mantenendo così un controllo cosciente della loro attività. Questa tipologia di giocatore non presenta nessuno dei criteri che il DSM 5 elenca per la diagnosi di gioco d’azzardo patologico(GAP).
  • Giocatori problematici: non hanno un pieno controllo pertanto la loro insistenza a giocare mina il proprio benessere personale e dell’intero nucleo familiare, sociale e lavorativo. Presentano da uno a quattro criteri del GAP ma non arrivano mai alla “fase di disperazione” grazie a un minimo di autocontrollo. 
  • Giocatori patologici: sono quelli che hanno sviluppato una vera e propria dipendenza da gioco con preoccupanti costi individuali e sociali. Presentano almeno 5 dei criteri del GAP. Da notare che la presente suddivisione non indica che i giocatori restino sempre imprigionati in quelle fasi, ma che, al contrario, quelli occasionali o abituali possano volgere verso una forma di dipendenza.

Le aree del funzionamento psicosociale, della salute e della salute mentale possono essere influenzate negativamente dal disturbo da gioco d’azzardo. In modo specifico, i soggetti coinvolti possono mettere in pericolo o perdere importanti relazioni con membri della famiglia o amici. Tali problemi possono verificarsi a causa delle ripetute bugie dette per coprire la portata dell’attività o a causa della richiesta di denaro poi utilizzato per giocare d’azzardo o per pagare i debiti.

Il disturbo, inoltre, è associato a una scarsa salute generale e ad alcune diagnosi mediche specifiche, come tachicardia e angina. Non è ben chiaro come le diverse situazioni di comorbilità, ovvero la coesistenza di più patologie diverse in uno stesso individuo, siano conseguenti al disturbo da gioco d’azzardo. In alcuni casi, ad esempio, la depressione può essere determinata dalle conseguenze psicosociali dei problemi legati al gioco. Esso stesso però può riflettere un tentativo disfunzionale di automedicazione dei sintomi depressivi.

Il disturbo va però distinto dal gioco sociale e professionale, cioè quello dove i rischi sono limitati e che si realizza fra amici e per un tempo limitato (e soprattutto con perdite accettabili).

Per quanto riguarda le terapie per superare il disturbo da gioco d’azzardo esistono vari approcci. Innanzitutto ogni paziente riceve un trattamento individualizzato, proprio perché le problematiche variano da persona a persona. Generalmente vi sono strutture preposte all’intervento in questo campo, in grado di offrire sostegno medico, psicologico e sociale al giocatore d’azzardo. Le attività sono svolte da un gruppo integrato di professionisti e prevedono trattamenti psicologici, farmacologici, educativi, e sociali.

Prima di iniziare la terapia, lo psicologo esegue colloqui finalizzati ad informare il paziente ed i suoi familiari riguardo alle peculiarità della patologia e del trattamento. Dopo la presa in carico del paziente, il terapeuta indaga l’eventuale presenza di ulteriori forme di dipendenza (da alcool, da stupefacenti, ecc.), di disturbi psicopatologici (ansia, depressione, ecc.) oppure se il paziente è affetto da disturbi di personalità. Spesso è necessario un aiuto esterno, che tipicamente viene dato dai familiari.

Lo scopo delle terapie, in particolare, deve essere quello di identificare e tentare di cambiare le distorsioni agendo su due fronti, quello cognitivo e quello comportamentale.

Relativamente all’aspetto cognitivo, il terapeuta mira ad identificare le distorsioni, le percezioni errate e le false aspettative di gioco. Esse includono l’illusione di controllo delle giocate, la superstizione per cui il soggetto ritiene che con il portafortuna alla mano vincerà e la sovrastima delle possibilità di vincita. Quanto all’illusione di controllo, i giocatori patologici ritengono che in un arco di tempo limitato incasseranno una vincita. Oltre a questi vi è poi la convinzione, nel giocatore, di essere migliore di altri ad utilizzare la slot machine grazie alla sua esperienza di gioco.

Tra i gruppi di aiuto più noti per giocatori d’azzardo patologici vi sono i Giocatori Anonimi (GA). Si tratta di un’associazione di uomini e donne con uno scopo comune: il desiderio di smettere di giocare. I GA fanno parte dei Gruppi di Auto Aiuto (G.A.A.), ovvero persone che si incontrano spinte da un bisogno di condivisione per superare un problema e ottenere un cambiamento attraverso l’aiuto reciproco. Il funzionamento dei G.A.A. è regolato da norme condivise e accettate dai membri dei gruppi al momento del loro ingresso. In essi non vi è la guida di uno specialista, e questo permette a ciascun membro di non poter delegare all’esperto la responsabilità del proprio percorso. Viene poi prevista la presenza di una figura facilitante: l’helper, cioè colui che ha il ruolo di rendere più semplice la comunicazione tra i pazienti.

Vi sono gruppi di G.A. in tutta Italia, ognuno con proprie regole di funzionamento, anche se accomunati dall’intento di aiutare i giocatori compulsivi. Gli incontri sono condotti in modo simile a quelli degli Alcolisti Anonimi. Si tratta di una terapia molto efficace, basata sull’empatia, che trae la sua forza dall’identificazione nell’altro, dalla condivisione di una comune difficoltà e di un comune scopo. Il confronto con persone che hanno lo stesso problema non può che rafforzare nel soggetto il desiderio di uscire dal disturbo da gioco d’azzardo.

Fonti: Manuale di Psichiatria e Psicologia Clinica 5/ed G. Invernizzi, C. Bressi Ed. McGraw-Hill Education, 2017; Seiwright et al., 2008; Greeven et al., 2009; Hedman et al., 2010; Torsello e Dell’Erba, 2014; Atkinson & Hilgard’s, Introduzione alla psicologia, Piccin, Padova 2011; DSM-IV-TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

In collaborazione con Comunicarea.

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