Sin dalle prime fasi dell’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio si è diffuso il timore che il Cremlino possa ricorrere all’opzione nucleare. Lo ha minacciato lo stesso Vladimir Putin il primo giorno di guerra, parlando di “conseguenze irreversibili” per chi avrebbe aiutato l’Ucraina. Una minaccia confermata pochi giorni dopo, il 27 febbraio, quando Putin ha ordinato al ministro della Difesa e al Capo di Stato maggiore di attivare le “forze di deterrenza” in stato di “prontezza speciale al combattimento”. A livello strategico e di deterrenza l’uso dell’atomica da parte della Russia è, in verità, ancora lontano. Ma a livello tattico la situazione è diversa e chiama in causa la dottrina militare russa e le innovazioni che hanno reso le bombe atomiche più precise e meno potenti rispetto al passato facilitandone, in potenza, l’uso.
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Alla fine degli anni Novanta i vertici governativi e militari russi osservavano con preoccupazione le elevate capacità militari che la NATO dimostrava di possedere durante la campagna militare in Kosovo. A Mosca, infatti, vi era il timore che queste capacità potessero essere usate per interferire in quello che sarebbe divenuto il secondo conflitto ceceno. Pertanto il Consiglio di sicurezza russo, allora guidato da Vladimir Putin, venne incaricato di studiare una nuova dottrina militare che fu poi adottata nella primavera del 2000, quando Putin era diventato presidente. La novità della nuova dottrina era l’idea della “descalation attraverso l’escalation”: la possibilità di ricorrere ad un attacco nucleare limitato per costringere l’avversario ad accettare le condizioni imposte da Mosca. Detto in altri termini, la nuova strategia prevedeva la possibilità di infliggere danni meno devastanti rispetto ad un bombardamento come quello di Hiroshima, e mirati su obiettivi sensibili, come le postazioni militari. Una strategia di questo tipo ha successo solamente se per gli Stati Uniti rispondere all’attacco supera i benefici. Durante la seconda guerra cecena ad esempio, combattuta all’epoca dell’approvazione del documento, l’avvio della spirale atomica non avrebbe comportato un guadagno per Washington o per la NATO perché non vi erano interessi diretti in Cecenia. Questa possibilità potrebbe essere oggi contemplata dai vertici russi anche perché la revisione della dottrina, pubblicata nel giugno del 2020 con il titolo Principi base della politica statale della Federazione Russa in materia di deterrenza nucleare, è meno restrittiva rispetto al passato riguardo l’uso dell’atomica. Se infatti all’inizio del nuovo millennio si prevedeva il ricorso all’atomica in “situazioni critiche per la sicurezza nazionale”, con la revisione si è passati a criteri meno stringenti che contemplano l’eventualità in cui la sovranità e l’integrità territoriale della Russia sia messa in pericolo. Nel discorso del 24 febbraio con cui si annunciava l’invasione dell’Ucraina, Putin ha sostenuto che l’intervento si era reso necessario a fronte “di una minaccia molto reale per i nostri interessi, ma anche per l’esistenza stessa del nostro Stato e per la sua sovranità”, riferendosi all’espansione della NATO nell’Europa dell’est.
Sia gli Stati Uniti che la Russia possiedono armi nucleari molto meno distruttive rispetto alle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Può sembrare paradossale, ma il potere di queste armi risiede nella loro minor potenza che le rende più versatili. Le innovazioni tecnologiche, infatti, hanno predisposto la variabilità del rendimento esplosivo di alcune testate, così che la forza distruttiva possa essere adattata a seconda della situazione. Questa nuova tipologia di testata nucleare può essere posizionata sia sui missili da crociera, la cui traiettoria è guidata, sia sui missili balistici, che hanno una traiettoria prefissata. Il fulcro di questo nuovo arsenale sono gli Iskander – M, in dotazione all’esercito russo dal 2005. Operativi anche nel conflitto ucraino, questi lanciatori mobili possono sparare due missili, sia convenzionali che nucleari, contemporaneamente che viaggiano a circa 300 miglia l’ora.
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È uno scenario tetro e allarmante quello descritto sino ad ora. A maggior ragione se consideriamo che Joe Biden non esclude il ricorso ad armi tattiche nucleari in risposta al possibile utilizzo della Russia – anche se, nel caso degli Stati Uniti, aver avvertito di questa possibilità fa parte della logica della deterrenza. Ciononostante, come scrivevamo qui, c’è ancora spazio per la speranza, perché molte sono le condizioni che lasciano pensare che non siamo di fronte ad una terza guerra mondiale.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.