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Tacitamente, spesso sottovalutato o non riconosciuto: nel 25 settembre prossimo vi è anche uno scontro sulla modernità, sulle diverse concezioni dello Stato, della scienza e della vita. Uno scontro di mentalità, di cultura. Uno scontro di visioni che, pertanto, non è post-ideologico, ma tutto ideologico. Molto moderno, perché chiama in causa la razionalità, la scienza, la religione e la laicità. In tal senso, il tasso di polarizzazione e di scontrosità, anche violenta, è elevato.
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L’Europa e buona parte del mondo hanno fondato le loro società, i loro sistemi di pensiero, la loro politica e la loro rappresentanza sulla centralità del pensiero critico – non l’impossibilità di arrivare ad una conclusione perché tutto è vero e tutto è falso, tutto un punto di vista soggettivo –, sulla razionalità a discapito degli aspetti emozionali. Perché l’emozione è avventatezza e l’avventatezza è il contrario della riflessione: è ciò che porta a prendere decisioni irrazionali, sulla base dei propri sentimenti senza tenere di conto il benessere generale e, in fin dei conti, anche il proprio. Sì, perché nessuno di noi è un’isola. Sono sempre più i problemi che coinvolgono tutti noi, direttamente. Dal cambiamento climatico alla privacy allo strapotere di grandi aziende come Meta, che hanno un fatturato superiore al Pil italiano, fino alla minaccia nucleare in cui siamo tutti coinvolti. Possiamo non sentire oggi, sulla nostra pelle, gli effetti del climate change, tanto per fare un esempio, ma li sentiremo presto perché ci costringeranno a cambiare i nostri stili di vita. Aver paura di ciò che ci aspetta è comprensibile, ma girare lo sguardo e far finta di niente non sarà d’aiuto: molto presto le conseguenze di ciò che avremo ignorato si paleseranno, più forti di prima. Ci soccorrono la razionalità, il pensiero, la scienza: stampelle che non sempre sono state al servizio di chi auspicava il bene della collettività, dell’inclusione di ognuno, ma che non possiamo relegare in secondo piano perché senza di esse saremo preda di istinti contraddittori che ci metteranno l’uno contro l’altro, che già ci stanno dividendo, ma che soprattutto non risolveranno i nostri problemi, aggravandoli.
In Europa, negli Stati Uniti e in molti altri paesi del mondo assistiamo all’avanzata di una destra che cela il suo nazionalismo dietro una pericolosa unione d’intenti. Pericolosa non perché destra, ma per ciò che sono questi intenti, tutto il contrario di ciò su cui si è basata la nostra società – il pensiero critico, la razionalità e il laicismo. Non solo, infatti, questa destra è pronta a rimettere in discussione, quanto meno a rallentare, processi di integrazione regionali (l’Europa) e globali che possono essere favorevoli a tutti, anche per il semplice fatto che i grandi problemi d’oggi sono per loro stessa natura globali – e certo, per come è stata gestita buona parte della globalizzazione, troppi ha lasciato indietro, ma ciò non significa che il processo possa essere corretto sulla base di ciò che di buono ha, anche perché tornare indietro è impossibile, irrazionale. Questa destra è pericolosa perché è globale e globalizzante e i suoi intenti sono irrazionali e, pertanto, antiscientifici e non laici. Questa destra è pericolosa perché non discute, ma cerca di appropriarsi del potere modificando dall’interno il funzionamento delle procedure che regolano le nostre democrazie, rendendole illiberali. Questa destra è pericolosa perché si rifiuta di riconoscere le evidenze scientifiche che dicono che l’amore tra persone dello stesso sesso non è contro natura come non lo è non sentirsi a proprio agio nel proprio corpo. È una destra che si rifiuta di riconoscere che l’aborto non è un peccato, perché per quanto possa essere estremamente doloroso, quel feto non è ancora una vita. Una destra pericolosa perché sostiene, nonostante le evidenze scientifiche, che non vi è nessuno cambiamento climatico. Una destra che si ostina nel pensare che comunità nazionale sia una di sangue e di lingua, un modo per non dire razza, quando la scienza ci dice che nessuna comunità nasce e si sviluppa con la chiusura, ma nell’ibridazione, che nessuno di noi ha il sangue italiano, ma sangue senza nazionalità, che la nazionalità è una costruzione storica, una convinzione politica che non dimostra che la chiusura rispetto a ciò che percepiamo come diverso sia ciò di cui tutti abbiamo bisogno. Questa destra è pericolosa perché le sue sono risposte emozionali ad ansie e paure di fronte ad un mondo che è radicalmente diverso rispetto al recente passato e radicalmente cambiato in un tempo breve ed in cui tutto sembra scivolare tra le dita ed in cui non sembra che nessuno di noi abbia più alcuna forma di controllo. Questa destra non offre soluzioni ma si richiama a concetti identitari e religiosi che per loro stessa natura sono irrazionali rivisitazioni di tratti culturali su cui comunque non si può imporre la propria visione perché la religione, come la propria vita, sono fatti personali, non pubblici, non dello Stato. Tali principi questa destra sembra averli dimenticati, tirando in ballo sempre più spesso la religione come fattore identitario, come risposta a problemi, ansie e paure. Una destra religiosa perché parla lo stesso linguaggio dei religiosi più conservatori, lasciando che le chiese influenzino la vita di un paese anche perché spesso è convinta che ciò sia un bene.
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Agire non renderà soddisfatti rispetto alla crisi della rappresentanza politica, dovuta anche all’incapacità della sinistra di essere alternativa vigile, ma ci difenderà da una destra unita d’intenti a livello europeo – se non transatlantico e, in parte, globale, basta qui citare che la Presidente del Parlamento Europeo è contro l’aborto. Agire sarà un messaggio contro ciò che non siamo: l’irrazionalità, l’assenza di laicismo, l’antiscientifico. Un punto di partenza, perché è vero che abbiamo bisogno di un cambio radicale di pensiero e di politica che sia realmente adeguato alle sfide dell’oggi, ma questo cambiamento deve basarsi sull’inclusione, la laicità, il rigore, il pensiero critico e la scienza, non sulla paura, lo sfruttamento, l’emozione e l’irrazionalità dei principi religiosi. Agire oggi è difendere tutto questo e tutte le conquiste fatte fino ad ora, come le unioni civili e l’aborto. Perché quel che sta accadendo negli Stati Uniti ci insegna che queste conquiste sono estremamente fragili, ma anche che è necessario guardare con razionalità e coerenza al presente e, soprattutto, al passato al fine di svelare trame ed inganni di una destra molto pericolosa.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.