Da maggio a Nuova Delhi, in India, le atlete della nazionale di wrestling, con il sostegno anche degli atleti di altre discipline e di parte della popolazione locale, hanno stabilito un sit-in permanente per chiedere la rimozione di Brij Bhushan Sharan Singh, membro del parlamento con il partito del premier Narendra Modi e dal 2011 membro della Wrestling Federation of India (WFI), accusato di molestie e intimidazioni ai danni di numerose atlete. La scorsa settimana le atlete e gli atleti di wrestling, dopo aver valutato se gettare le loro medaglie nel Gange come segno di protesta, hanno provato ad avviare un corteo e per questo sono stati arrestati temporaneamente dalla polizia. L’arresto e le violenze della polizia sono stati condannati dal Comitato Olimpico Internazionale che ha chiesto, inoltre, l’avvio di un’indagine rigorosa nei confronti di Singh. È intervenuto anche lo United World Wrestling (UWW), l’organizzazione internazionale che governa il wrestling amatoriale, che ha assicurato che rimarrà in contatto con le atlete e gli atleti indiani per monitorarne la sicurezza. Lo UWW ha anche detto che sta valutando la sospensione del WFI se non verranno indette nuove elezioni per sostituire Singh. Non è la prima volta che Singh viene accusato di molestie sessuali: già nel 2012 alcune lottatrici juniores avevano tentato di sporgere denuncia contro di lui, ma il caso era stato insabbiato in meno di ventiquattro ore.

Le proteste erano iniziate già a gennaio, quando Vinesh Phogat, una delle lottatrici più medagliate della storia dell’India, e la campionessa Bajrang Punia, avevano guidato un sit-in a Nuova Dehli per chiedere la rimozione di Singh e di altri funzionari accusati di molestie. La manifestazione vide il sostegno e la partecipazione anche di altri atleti, tra cui la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo Bajrang Punia. Il sit – in era stato preceduto da una lettera indirizzata alla Indian Olympic Association (IOA) e condivisa su Twitter in cui le wrestler denunciavano le intimidazioni e le violenze, auspicando la creazione di un ambiente più sicuro. Singh si era difeso negando le accuse, sostenendo che si trattasse di una cospirazione per infangare la sua reputazione e per costringerlo ad abbandonare il Parlamento. 

Poco dopo l’inizio delle proteste per calmare le acque il ministro dello Sport aveva affermato che avrebbe avviato delle indagini contro Singh, chiedendo agli atleti di fermare le proteste, mentre l’IOA formava un gruppo di indagine. Nonostante le promesse, quasi niente è stato fatto. Pertanto, a maggio gli atleti si sono rivolti alla Corte Suprema la quale, di fronte alle pesanti accuse nei confronti di Singh, compresa quella di una molestia sessuale nei confronti di un minore, aveva chiesto di procedere con l’avvio delle indagini alla polizia.   

Negli ultimi anni il wrestling ha acquisito popolarità in India, anche grazie ai successi degli atleti indiani alle Olimpiadi, ai Giochi del Commonwealth e ai Giochi asiatici. Per molte donne è diventato uno strumento di affermazione e di messa in discussione dei ruoli di genere. In generale, per molti altleti è anche un modo per sfuggire alla povertà che affligge lo stato settentrionale dell’Haryana, da cui molti di loro provengono. Proprio l’umile condizione di provenienza rappresenta uno strumento di pressione su molte atlete che stanno cercando di denunciare gli abusi sessuali. Come sottolinea anche Vinesh Phogat, molte atlete sono state intimidite per le loro umili origini: se denunci perdi il posto e se perdi il posto torni nella povertà. 

Il wrestling non è l’unico sport in India a confrontarsi con violenze e abusi sessuali. Secondo un rapporto pubblicato nell’agosto 2021, riguardante i pericoli per gli sportivi in India, potrebbero essere circa diecimila le vittime di abusi sessuali e circa duecento gli autori delle violenze. A giugno dell’anno scorso, l’allenatore della squadra nazionale di ciclismo era stato esonerato per accuse di molestie. Un mese dopo, l’assistente allenatore della nazionale di calcio indiana under 17 femminile è stato sospeso per un abuso su una giocatrice minorenne. 

I dati sulle violenze di genere diffuse in India sono allarmanti. Secondo dati governativi, nel 2011 ogni venti minuti in India una donna era violentata. Nel 2021 il numero di stupri è cresciuto del 20% rispetto al 2020, portando a uno stupro ogni sedici minuti. Il 77% delle donne indiane che hanno subito violenza non sporge denuncia. In generale, i procedimenti giudiziari nei confronti dei colpevoli sono rari. In questo contesto gli stupri di gruppo, anche su minori e con conseguenze mortali, sono cresciuti di decennio in decennio. Solamente nel 2021 le denunce sono state più di duemila, dato a cui vanno aggiunti i tanti casi che rimangono nel silenzio, anche perché lo stupro di gruppo viene usato come arma nei confronti delle caste “inferiori” e dei musulmani. Anche grazie al movimento #MeToo, che in India ha guadagnato slancio nel 2018 quando l’attrice di Bollywood Tanishree Dutta denunciò per molestie sessuali l’attore Nana Patekar, molte donne hanno iniziato a denunciare gli aggressori, nonostante le scarse protezioni offerte alle vittime. Ma come sottolineano molte attiviste, ben pochi sono i provvedimenti che vengono presi, come per ora sta dimostrando anche il caso delle wrestler indiane. 

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