Da venerdì sera Yevgeny Prigozhin e Wagner hanno avviato un’insurrezione militare contro l’esercito russo. Qui alcuni punti da tenere a mente per orientarsi.
- Perché Wagner ha puntato su Rostov: è un centro strategico e di “smistamento” per l’invasione in Ucraina. Controlli quello, blocchi parte dell’offensiva.
- Sappiamo poco ed è ancora tutto in evoluzione. Dipenderà anche da come si muoverà la Guardia Nazionale, fedele a Vladimir Putin e ad altri fattori – anche internazionali.
- Era probabile che Putin si impantanasse in Ucraina e che questo indebolisse la sua leadership. Anche perché le sanzioni hanno funzionato, l’economia russa è drogata, la coalizione di supporto a Kiev ha retto ed è stata rilanciata.
- Era probabile che un regime change – ne avevamo parlato un anno fa qui – potesse verificarsi nel caso Putin si impantanasse. All’inizio si pensava agli oligarchi, ma Putin si era mosso per mettersi al sicuro su quel fronte.
- Prigozhin è a capo di un’azienda: vende servizi militari nel Mondo – certo, lo fa anche per una questione di rilancio di potenza di Mosca – ma non è solo di militari che parliamo. In ballo ci sono anche commesse militari (ad es. vendita di equipaggiamenti e mezzi); consulenze (soprattutto nellacyber war); controllo delle risorse. In Sudan, ad esempio, dove infuria una guerra civile, Wagner è presente e sostiene una delle due parti in causa, quella di Mohamed Hamdan Dagalo. Anche perché ha ottenuto la concessione per l’estrazione d’oro nella regione del Darfur. Questo per dire che cosa:
- Che gli interessi economici – non solo strategici – dietro Wagner sono notevoli.
- In Ucraina Prigozhin rischia di indebolire la sua immagine e quella del gruppo Wagner ed è costretto da Mosca a spostare risorse, mezzi e uomini sottraendoli da altri conflitti (es. Mali). Non ci sta guadagnando. C’è anche una questione di interessi dietro.
- Putin e Prigozhin non si nominano mai a vicenda. Non lo fanno perché sono due uomini che godono di una certa popolarità e non è saggio in questo momento attaccarsi direttamente. Anche perché in questo modo si lascia la porta aperta ad una soluzione.
- Prigozhin sostiene che Putin non è a conoscenza della reale situazione sul campo e che viene attaccato dall’esercito russo. Quest’ultimo punto lo ripete da mesi. Gli ultimi leader sovietici erano raramente a conoscenza di ciò che accadeva sul campo e prima di Michail Gorbačëv non si aveva coscienza del reale stato dell’economia. In mezzo c’erano lotte di potere tra i vari apparati dello Stato. considerando la continuità istituzionale, costituzionale e delle persone tra Urss e Russia non è da escludere che Putin non fosse a conoscenza della reale situazione sul campo – anche se appare difficile per una serie di ragioni. Più probabile uno scontro tra due pesi massimi: l’esercito e Wagner.
- Alexander Lukashenko: è probabile che stia cercando sostegno diplomatico, di gestire la cosa con la politica internazionale, per tornaconto suo ma anche di Putin. Perché se la Russia cade destabilizza anche altre aree e Stati, Bielorussia e Kazakhstan per primi, dove proprio grazie al recente intervento russo i regimi non sono caduti. Non è un caso che Ramzan Kadyrov stia andando in aiuto a Putin.
- La coalizione di sostegno a Kiev (né l’Ucraina) hanno mai cercato un crollo della Russia. Nelle relazioni internazionali il crollo di un paese – soprattutto se rilevante come la Russia – non è una buona cosa perché scompagina tutta l’architettura, mette in moto processi di macro e micro-ridefinizione degli equilibri dagli esiti incerti. Crea caos, insomma. Il caos in Russia, un paese con delle testate nucleari, non è negli interessi di nessuno. C’è la possibilità che l’instabilità si allarghi, nel caso la situazione non dovesse rientrare.
- Pechino per ora non ha rilasciato dichiarazioni.
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Cofondatore de L’Eclettico e dottorando in Scienze Storiche nelle Università di Firenze e Siena. Sempre con lo zaino in spalla. Tra un trekking e un altro scrivo per diverse realtà. Sono uno storico delle mentalità e delle relazioni internazionali. Mi occupo di esteri, soprattutto USA e Francia. Pubblico racconti qua e là. Ogni tanto parlo alla radio e in alcuni podcast. Non ho vissuto sempre dove vivo adesso, ma ho sempre avuto la mia chitarra e la letteratura al mio fianco. Ho fatto una scelta di parte: parlare di giovani e oppressi, criticando l’alienazione e lo sfruttamento sul lavoro.