L’oggettivazione concentra l’attenzione dell’individuo su una parte del corpo che è ritenuta rappresentativa del valore e della globalità della persona; ad esempio, quando l’uomo si riferisce ad una donna con epiteti che si appellano al suo organo sessuale, viene attuata l’oggettivazione in quanto si ritiene che la donna sia esprimibile solamente attraverso il suo organo riproduttivo: ciò che viene definito come «oggettivazione sessuale».
Spesso la persona che subisce l’oggettivazione tende ad interiorizzare la prospettiva oggettivante: in questo caso si tratta di auto-oggettivazione, una condizione psicologica in cui l’individuo assume lo sguardo esterno e in base a questo si auto-percepisce.
A livello socioculturale, l’oggettivazione favorisce la perpetrazione delle diseguaglianze di genere. Difatti, l’oggettivazione, riducendo il valore personale in favore di quello legato all’aspetto fisico, rafforza gli stereotipi sessisti che vedono nella donna un oggetto sessuale e il successo lavorativo legato all’avvenenza.
La filosofa statunitense Martha Nussbaum ha proposto una sistematizzazione del concetto di oggettivazione sessuale che individua sette distinte dimensioni: la strumentalità, che è anche la dimensione più problematica, consiste nel percepire una persona come uno strumento utile al raggiungimento dei propri fini; la negazione dell’autonomia per cui il soggetto viene trattato come se non avesse autonomia e capacità di autodeterminazione; l’inerzia: chi oggettiva si rapporta all’altro come se fosse privo di agentività; la fungibilità: l’individuo viene visto come se fosse interscambiabile con gli oggetti dello stesso tipo o con altri oggetti; la violabilità: la persona viene percepita come se fosse priva di integrità e come se fosse qualcosa che può essere fatto a pezzi; la proprietà secondo cui il soggetto oggettivato viene trattato come una proprietà e come se fosse possibile acquistarlo o venderlo; la negazione della soggettività per cui l’individuo è considerato come privo di sentimenti ed esperienze proprie. Tutti questi fattori negano la prerogativa che distingue una persona da un oggetto: l’autonomia, negando conseguentemente anche le altre dimensioni. Inoltre, sempre secondo Nussbaum, la dimensione più problematica tra quelle evidenziate sarebbe la strumentalità, in quanto la negazione di un aspetto fondamentale dell’umanità: ovvero l’essere un fine di per sé e non un mezzo.
L’oggettivazione è spesso in relazione alla violenza di genere, la quale può dividersi in tre tipologie: il Sexual harassment che riguarda le molestie sessuali in ambito lavorativo; lo Street harassment cioè attenzioni sessuali non richieste subite da sconosciuti in luoghi pubblici; e la violenza sessuale, cioè ogni azione di tipo sessuale nei confronti di un individuo non consenziente o che non abbia raggiunto un grado di maturazione psicologica e cognitiva tale da poter essere consapevole di ciò che sta accadendo.
Ad oggi, avendo la consapevolezza del problema, conoscendo la relazione tra oggettivazione, auto-oggettivazione e violenza, è necessario creare programmi ed interventi che educhino alla non-oggettivazione, oltre che alla non-violenza. La prevenzione non dovrebbe basarsi solo sull’istruire su come difendersi dall’aggressore e dalla sua oggettivazione, dall’auto-oggettivazione o dalle sue conseguenze. La prevenzione primaria dovrebbe infatti riguardare la decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi di genere presenti nella società attraverso la promozione di valori basati sull’eguaglianza di genere e su programmi scolastici, sul luogo di lavoro e così via fondati su questa decostruzione.
Nonostante alcune leggi per favorire l’uguaglianza di genere in Italia negli ultimi anni si è comunque assistito ad un grave depotenziamento e alla soppressioni di organismi di parità con aglio di risorse umane e finanziarie, come i centri antiviolenza.
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Fonti: B. Gelli, Psicologia della differenza di genere, Milano, Franco Angeli, 2009; M.G. Pacilli, Quando le persone diventano cose, Bologna, Il Mulino, 2014; A. Bagnasco, M. Barbagli, A. Cavalli, Corso di sociologia, Bologna, Il Mulino, 2013; Jost, J.T. & M.R. Banaji, The role of stereotyping in system-justification and the production of false consciousness, The British journal of social psycology, 1994 .

Sono nato a Pontedera nel 1993, mi sono laureato in Scienze e Tecniche Psicologiche all’Università degli Studi di Padova approfondendo il tema dei disturbi di apprendimento e della salute mentale. Lavorando come Tutor di studio.
Attualmente sto studiando Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia all’Università di Firenze.
Dal 2010 ho iniziato a fare il blogger e ho avuto l’opportunità di scrivere e collaborare con molti blog e siti internet; Dal 2018 sono un Educatore che si occupa di apprendimenti.