L’uomo non sa di più degli altri animali; ne sa di meno. Loro sanno quel che devono sapere. Noi, no.
Il professor Preobraženskij, coprotagonista del racconto Cuore di cane (Newton editori, 1993, Roma), è un luminare di fisiologia d’importanza mondiale e si occupa di ricerche nel campo dell’eugenetica. All’inizio del romanzo viene presentato attraverso la prospettiva di un affamato cane randagio, voce narrante e secondo protagonista, che spera di ricevere qualcosa da mangiare. Ricevuto dal signore un pezzo di salame, il cane esclama con stupore: “Oh, che altruista!” (pag.19), e decide di seguirlo fino al suo elegante appartamento.
Il professor Preobraženskij è un signore affascinante, indossa abiti di ottima fattura, si circonda di tutte le comodità, studia molto e ama il suo lavoro, ma trova anche il tempo per coltivare altri interessi: adora la musica, frequenta i teatri e le mostre; gli piace la buona tavola (è un abituale consumatore di vodka e caviale), e spesso durante i pranzi si diletta nelle conversazioni con il suo assistente, il dottor Bormental.
Le figure dei due scienziati nei racconti rappresentano quella parte dell’intelligencija russa di vecchio stampo che al tempo, nel 1924, riusciva a convivere difficilmente con il potere sovietico, mantenendo uno stile di vita, per quanto possibile, alternativo a quello dell’ideologia comunista al potere:
“Perché hanno levato il tappeto dalla scala principale? Forse Carlo Marx proibisce di tenere tappeti per le scale? Chi se ne avvantaggia? Forse i proletari non possono lasciare di sotto le galosce e devono imbrattare il marmo?”. (pag.38).
Il professor Preobraženskij è una persona autoritaria, indipendente, non ha paura di esprimere le proprie opinioni e i propri giudizi; riuscendo così a proteggere il suo specifico stile di vita e la sua libertà di ricerca. Tutto questo, però, gli è possibile soltanto grazie alla protezione assicurata dai suoi nuovi pazienti importanti, membri del Politburo sovietico, che hanno bisogno di lui, in quanto ossessionati dalla possibilità di ottenere grazie alle cure del professore una seconda giovinezza.
Al centro della narrazione tuttavia non ci sono le vicissitudini dei dottori e dei loro pazienti ma la storia dell’incredibile trasformazione in essere umano del cane randagio adottato dal professore, voce narrante del nostro racconto, ribattezzato dall’equipe medica, Pallino.
Dal quaderno rigorosamente redatto dal dottor Bormental veniamo a sapere che il 23 dicembre del 1924 fu eseguita l’operazione, la prima del genere in Europa. Il procedimento dell’operazione viene rigorosamente dettagliato dai medici: sperimentare sul cane il trapianto combinato dell’ipofisi e delle gonadi maschili prelevati da un uomo di 28 anni, con l’intento di chiarire la questione dell’attecchimento dell’ipofisi e, in un secondo tempo, della sua influenza sul ringiovanimento dell’organismo.
Il risultato ottenuto sembra ottimo, Bormental meravigliato scrive: già il 6 gennaio 1924 (vigilia del Natale ortodosso) l’essere, creato dal professore, perde la coda e pronuncia distintamente la parola “birreria”; la trasformazione si conclude il 17 gennaio quando la fisionomia è definitivamente formata.
Per struttura fisica è un uomo completo: pesa 50 kg, di statura bassa, testa piccola, ha cominciato a fumare, si veste da solo e può sostenere una conversazione. Quest’uomo, però, conserva ancora la sua origine canina e la unisce al carattere e alle abitudini del suo donatore (un malvivente di 28 anni, morto in una rissa), così da creare un individuo sregolato, che commette oscenità e risponde malamente ai suoi creatori:
“Gli occhi del professore si fecero rotondi, il sigaro gli cadde di mano: Guarda che tipo!… Forse è scontento che io l’abbia trasformata in un uomo? Preferirebbe forse correre di nuovo da una pattumiera all’altra?… Perché mi rinfaccia sempre qualcosa? Pattumiera di qua, pattumiera di là, mi procuravo da mangiare, ecco.” (pag.62).
Tutti gli sforzi di educarlo risultano inutili, la situazione peggiora sempre di più e, quando “l’uomo nuovo” minaccia l’esistenza stessa del suo creatore, lo scienziato, con l’aiuto del suo assistente riesce a sottoporre Šarikov (Pallino) a un altro intervento per restituirgli il suo aspetto iniziale.
L’esperimento, che all’inizio sembra un grande successo della scienza, si rivela un vero fallimento riconosciuto dallo studioso stesso. Ragionando sul risultato finale della sua sperimentazione, il professore dice al suo assistente: “Ecco, dottore, quel che succede quando uno scienziato, invece di procedere di pari passo e a contatto con la natura, forza la soluzione del problema e solleva il velo”. (pag.84)
Le sue riflessioni lo portano alla conclusione che non si può andare contro la natura e non si deve tentare di controllarla, perché la natura vive di un equilibrio che l’uomo non può comprendere fino in fondo.
Lo scienziato si rende conto dei risultati imprevedibili e pericolosi che si possono ottenere quando si tenta di superare certi limiti nelle ricerche:
“Professore, e se trovasse il cervello d’uno Spinoza? Sì, è possibile trapiantare l’ipofisi di uno Spinoza o di qualsiasi altro accidenti del genere e confezionare con un cane un essere di altissimo valore, ma perché farlo? Me lo dica lei, per favore: perché fabbricare artificialmente gli Spinoza quando una qualsiasi donnetta è capace di sfornarne uno in qualsiasi momento. Dottore è la stessa umanità che ci pensa e, grazie all’evoluzione, genera ostinatamente, ogni anno, dalla gentaglia più triviale, decine di geni eminenti, abbellendo così il globo terrestre”.(pag.84).
Questo è un fatto. E i fatti sono la cosa più ostinata del mondo.
Michail Bulgakov
A cura di Cristopher Palavisini che per L’Eclettico ha già scritto numerosi articoli per la sezione “cultura”.
© Riproduzione riservata
Bell’issimo contributo del genio assoluto Bulgakov, grazie!
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